“Il nostro settore ricettivo e della ristorazione – hanno riferito oggi i presidenti liguri di Confagricoltura Michelis e di Agriturist Cambiaso – è, al pari del turismo, dei ristoranti, dei bar, del canale Ho.Re.Ca (Hotellerie, Ristorazione e Catering), dei luoghi di cultura e ricettività, il più danneggiato economicamente con perdite ormai su base annuale oltre l’80 %; riceve nuovamente una mazzata inaccettabile.
Confagricoltura ed Agriturist Liguria sono ben consci, al pari delle aziende che rappresentano, che questa emergenza pandemica richiede sacrifici e sforzi immani da parte di tutti, e sono certamente a favore di tutte le misure di contenimento, prova ne sia che da subito le imprese si sono dotate di tutti gli strumenti di protezione ed hanno pedissequamente seguito tutte le regole imposte dal CTS, spendendo anche ingenti somme per i vari adeguamenti cui, purtroppo, è seguito un massacro inspiegabile ed inaccettabile”.
“Sinceramente – sottolinea la presidente ligure di Agriturist – è la disorganizzazione e l’improvvisazione che sono inaccettabili. Non si può comunicare alle aziende il venerdì sera che la domenica non potranno aprire. Moltissime nostre realtà, nel pieno rispetto della sicurezza e del distanziamento, avevano prenotazioni complete delle proprie strutture per la giornata di domenica 14 febbraio. Senza considerare che avevano già acquistato, o prodotto, tutte le provviste necessarie per accogliere a pranzo i clienti”.
“Non si capisce, ad esempio – prosegue Cambiaso – perchè l’uscita dalla ‘zona gialla’ sia avvenuta con decorrenza alla domenica sera, mentre l’ingresso in ‘zona arancione’ avvenga a partire dalle ore 24 del sabato”.
“Confagricoltura ed Agriturist Liguria sottolineano che risulta inaccettabile pensare che luoghi di assoluta sicurezza in quanto con ingressi contingentati, distanziamento e santificazione continua, come agriturismo, ristoranti, bar, musei e luoghi di cultura, siano considerati come ‘estremamente rischiosi’ quando quotidianamente, mezzi di trasporti, autobus, strade e, in molti casi, esercizi commerciali, appaiono pieni di gente, luoghi di assembramento continuo e quindi certamente e nettamente più rischiosi.
L’ennesimo ‘massacro’ alla ristorazione, al turismo ed alla cultura non è più accettabile, stante la pressoché mancanza di ‘veri’ sostegni, peraltro totalmente inadeguati a fronteggiare i danni economici patiti, in un Paese che dovrebbe ricordarsi che il proprio turismo, la propria cultura, il proprio agroalimentare, spesso consumato in loco, valgono in PIL una ‘doppia cifra’. E questo valore aggiunto non tornerà più indietro. E di discorsi e promesse le aziende sono giustamente stanche e stufe”.