Sono stati condannati, con pene che vanno dai quattro anni ai 12 mesi di reclusione, il titolare di una ditta di manutenzioni stradali e tre operai che avevano simulato un incidente stradale in A12 causato da un’auto pirata per nascondere un gravissimo infortunio sul lavoro.
Condannato anche l’uomo vittima dell’infortunio che ha sempre negato di essersi fatto male.
I fatti risalgono a ottobre 2018 quando alcuni operai impegnati sulla A12, tra i caselli di Chiavari e Lavagna per la rimozione di alcune barriere, hanno denunciato che un loro collega, all’epoca 32 anni, era stato investito all’alba da un’auto pirata che l’aveva trascinato per alcuni metri.
Gli investigatori della Polizia stradale, però, avevano acquisito tutte le telecamere e a quell’ora, poco dopo le cinque del mattino, avevano notato una sola vettura che transitava su quel tratto.
Erano riusciti a ricostruire il percorso rintracciando il proprietario a Bologna. L’auto era stata acquistata da poco e non presentava alcuna ammaccatura.
L’operaio era stato ricoverato in ospedale in gravissime condizioni ed era rimasto momentaneamente paralizzato.
Nei mesi successivi era arrivata in Procura a Genova una telefonata anonima che raccontava tutta un’altra storia.
L’anonimo aveva spiegato di essere amico di uno degli operai e di avere saputo che la vittima non era stata investita da un’auto, ma era caduta dall’inizio del viadotto rio Rezza mentre usava un macchinario che si era ribaltato.
I suoi colleghi lo avevano preso, caricato su un furgone, e portato in strada simulando l’incidente.
Gli inquirenti genovesi avevano scoperto che nel frattempo il mezzo ribaltato era stato portato ad Asti e ne era stato denunciato il furto. Il macchinario era stato poi ritrovato con alcuni pezzi mancanti.
Il datore di lavoro, gli operai e la stessa vittima hanno sempre sostenuto la tesi dell’investimento. Il pubblico ministero li ha invece indagati a vario titolo per lesioni gravissime, simulazione di reato e favoreggiamento.