Si chiama iCub, è un robot umanoide dotato di intelligenza artificiale realizzato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT)
Per la prima volta al mondo è entrato a far parte di una sperimentazione nell’ambito dei disturbi dello spettro autistico in un contesto clinico e riabilitativo.
Nei prossimi mesi, infatti, un’equipe del Centro Boggiano Pico, polo specializzato nel trattamento dei disturbi del neurosviluppo del Piccolo Cottolengo Genovese di Don Orione, lavorerà insieme al team Social Cognition in Human-robot Interaction di IIT, guidato dalla ricercatrice Agnieszka Wykowska, per testare l’efficacia dell’utilizzo del robot nel trattamento di bambini affetti da disturbo dello spettro autistico direttamente in un contesto ambulatoriale.
Il disturbo dello spettro autistico è una sindrome estremamente complessa che esordisce in età evolutiva e che colpisce circa l’1% della popolazione mondiale. In Italia, sono almeno 600 mila le persone, e quindi le famiglie, interessate dall’autismo. Dei 435 mila nuovi nati nel nostro paese nel 2020, più di 4000 soggetti potrebbero essere diagnosticati con spettro autistico nel corso dell’età evolutiva.
Il progetto nasce dall’idea di mettere concretamente la ricerca e la tecnologia più avanzata al servizio della società in un contesto puramente di cura. Nell’ambito di un intervento multidisciplinare e personalizzato, la sperimentazione prevede l’interazione tra il robot iCub e un gruppo di bambini già inseriti nel percorso terapeutico del Centro Boggiano Pico, allo scopo di sviluppare le loro capacità di comprendere il punto di vista altrui.
La dott.ssa Tiziana Priolo e la dott.ssa Federica Floris, neuropsichiatra infantile la prima e psicologa la seconda presso il Centro Boggiano Pico, coordinano la sperimentazione per l’Opera Don Orione. “L’obiettivo è quello di verificare l’efficacia di nuovi protocolli di trattamento, integrando i modelli di riabilitazione raccomandati attualmente per il disturbo dello spettro autistico con interventi più specifici per le abilità sociali – spiega la dott.ssa Priolo. – A lungo termine, la prospettiva è quella di ottenere nuovi strumenti che supportino l’équipe nella presa in carico dei bambini e degli adolescenti. La domanda alla quale vogliamo dare una risposta è: il robot e l’intelligenza artificiale possono diventare strumenti aggiuntivi con i quali acquisire nuove capacità?”.
Le persone con autismo hanno difficoltà a cogliere la prospettiva spaziale di chi si trova di fronte a loro, e proprio questo tipo di abilità è alla base di numerose competenze sociali. Il programma di trattamento rappresenta il primo passo di un percorso riabilitativo di complessità crescente che potrebbe fornire ai giovani pazienti un aiuto per acquisire gli elementi di base per l’interazione sociale, migliorando sensibilmente la qualità della loro vita.
“In concreto, io sono perfettamente in grado di descrivere la posizione degli oggetti rispetto a me stessa e, di conseguenza, rispetto ad un altro soggetto. Per chi presenta un disturbo dello spettro autistico questa competenza potrebbe non essere così immediata – racconta la dott.ssa Floris – Acquisire la capacità di elaborare informazioni spaziali relative ad un punto di vista differente dal proprio, potrebbe aiutare a sviluppare competenze riconducibili all’ambito dell’empatia, come la conoscenza delle proprie emozioni, il loro controllo, il riconoscimento delle emozioni altrui e la gestione delle relazioni” conclude la psicologa.
Al Centro Boggiano Pico di Genova vengono seguiti circa 200 bambini e adolescenti con disturbo del neurosviluppo, di cui circa 80 presentano un disturbo dello spettro autistico. Nella sola Liguria dal 2008 a oggi il numero dei pazienti seguiti dai servizi territoriali delle Asl è triplicato, passando da meno di 500 a oltre 1500 individui.
La sperimentazione prevede il coinvolgimento di bambini nella fascia della prima infanzia in trattamento presso la struttura, e si integra con i metodi e le strategie abilitative già in corso secondo le linee guida nazionali. Si tratta di bambini nei quali il disturbo si manifesta in maniera unica anche per quanto riguarda le possibili comorbidità. Ogni bambino effettuerà il training per circa due mesi. In ogni seduta iCub affianca il terapeuta e interagisce in base alle competenze specifiche di ogni bambino. Il trattamento con il robot, già di per sé un’esperienza stimolante e rinforzante, si integra con altri interventi sulla motricità, le competenze socio-relazionali e quelle comunicative.
“Il ruolo del robot è fondamentale in questo tipo di trattamento,” – chiarisce Davide Ghiglino, ricercatore del team IIT – “interagire con un essere umano in questo caso fornirebbe una quantità di stimoli troppo elevata e difficile da interpretare per individui con condizioni dello spettro autistico”. “Un robot ripete la stessa azione, nello stesso identico modo, un numero infinito di volte, cosa che risulterebbe impossibile per un essere umano. D’altra parte, le competenze del terapeuta sono insostituibili” – racconta Agnieszka Wykowska. “Questa attività – conclude la responsabile del team Social Cognition in Human-robot Interaction di IIT – sottolinea l’importanza della multidisciplinarietà e dell’utilizzo di nuove tecnologie come la robotica in campo clinico”.
Per facilitare l’interazione tra i bambini e il robot, l’equipe del Centro Boggiano Pico ha lanciato un concorso tra i piccoli pazienti per trovare un nome all’esemplare di iCub utilizzato nel training, per ora soprannominato Dott. Robot. Nel corso del training verrà decretato il vincitore. Al momento i nomi in gara sono Luigi (n.d.r. don Orione), Isaac, Marvin e Albert.
La fase iniziale della sperimentazione si rivolge a circa 50 bambini e si concluderà a giugno del 2021. L’obiettivo, nei prossimi anni, è sviluppare ulteriori e diversi training che possano aiutare bambini con spettro autistico a implementare e accrescere specifiche competenze.