In scena in prima assoluta al Teatro Gustavo Modena dal 14 al 26 novembre la nuova produzione del Teatro Nazionale di Genova, L’avaro di Molière con la regia di Luigi Saravo e Ugo Dighero nel ruolo di un Arpagone contemporaneo ma sempre tragicomico.
Apprezzato protagonista a teatro di opere di Stefano Benni e Dario Fo, noto per la partecipazione a trasmissioni TV come Mai dire Gol e a numerose serie – da Un medico in famiglia a R.I.S. a Blanca – l’attore genovese, su invito del direttore del Teatro Davide Livermore, mette per la prima volta il proprio talento e la propria vis comica al servizio di un grande classico.
Il denaro e la sua conservazione, il denaro e il suo sperpero, ma soprattutto il denaro e i rapporti di potere che ne conseguono: è questo il tema centrale del capolavoro di Molière.
Ossessionato dall’idea di non intaccare il proprio patrimonio, Arpagone è disposto a sacrificare la felicità dei figli, pur di non dovere fornire loro una dote e anzi acquisire nuove ricchezze attraverso i loro matrimoni. I personaggi che attorno a lui scatenano un’irresistibile commedia degli equivoci – interpretati da Mariangeles Torres, impegnata nel doppio ruolo della mezzana Frosina e del servo Cleante, Fabio Barone, Stefano Dilauro, Cristian Giammarin, Paolo Li Volsi, Elisabetta Mazzullo, Rebecca Redaelli e lo stesso Saravo – si dichiarano sue vittime, quando in realtà potrebbero facilmente liberarsi se solo decidessero di rinunciare ai suoi averi.
«Il conflitto tra Arpagone e il suo entourage è il conflitto tra due visioni economiche: una consumistica e una conservativa, paradossalmente vicina alla recente sensibilità ecologica, che condanna lo spreco e incita al riciclo» spiega Luigi Saravo. «Nella nostra contemporaneità, in cui vige l’imperativo di far circolare il danaro inseguendo una crescita economica infinita, il gesto immobilista di Arpagone, dal punto di vista finanziario, suona quasi sovversivo, in netta opposizione alla tirannia del consumo, alla pubblicità che ne è motore e a quella patologia del desiderio che vede nella sostituzione il suo fondamento».
Il regista ambienta lo spettacolo in una dimensione che rimanda al nostro quotidiano, giocando con riferimenti temporali diversi, dagli smartphone agli abiti anni Settanta, passando per gli esilaranti spot che tormentano Arpagone (la pubblicità è il diavolo che potrebbe indurlo nella tentazione di spendere i suoi amati soldi…). Seguono questa direzione anche le musiche originali di Paolo Silvestri, mentre la nuova traduzione di Letizia Russo, fresca e diretta, contribuisce a dare al tutto un ritmo contemporaneo.
Orario spettacoli: martedì, mercoledì, venerdì h 20.30, giovedì e sabato h 19.30, domenica h 16.ELI/P.