Una satira sui numeri primi del nulla
Lo spettacolo in corso al teatro Modena fino al 3 marzo racconta la vita in una clinica di riabilitazione di lusso, situata in un satellite spaziale da cui si vede la Terra, di alcuni personaggi abbienti, un campionario di umanità che ha scelto questa location, forse non a caso lontana dai comuni mortali, con l’intento di liberarsi da dipendenze apparentemente da lavoro, in realtà ben più ampie.
La scenografia è assai suggestiva: una bella sala da riunioni in cui prevale il legno, corredata da una sauna e da un ambiente ginnico, con un video esagonale che permette i contatti con il pianeta Terra. In una teca di vetro un piccolo bonsai, forse il simbolo di una crescita libera che è stata impedita.
Questi i pazienti: Jasmine è una popstar con tendenze ninfomani, vessillo di un femminismo un po’ opportunista, in crisi da quando ha scoperto la relazione di sua madre con il proprio compagno e con gravi problemi di insonnia. Omar è un imprenditore che tratta farine biologico-animali, sposato e con una figlia ma in realtà omosessuale, arrivato in clinica con il suo compagno Patrizio.
William è un disincantato e spregiudicato creatore di fake news che si è portato il suo domestico bengalese, il tenero e fanciullesco Nat, con un arto finto e divulgatore di etologia, protettore dei pinguini papua.
Li assiste un coach stravagante in apparenza ma pieno di sincera volontà di supportare e di cambiare la vita del quintetto, anche lui con qualche problema irrisolto (e la dipendenza da quel pigiama regalato dalla zia che fa tanto “coperta di Linus”…) che stenta a guarire; un guru non troppo stimato ma seguito, tutto sommato provvisto di una certa terrena sensatezza racchiusa in frasi fatte del tipo “Chi resta nella propria testa muore, chi fugge da sè stesso è illuminato”.
Un bel testo, che conferma lo stile della Carrozzeria Orfeo nell’analizzare la persona e i suoi comportamenti e contraddizioni, geniale, carico di spunti, situazioni, macchiette umane fuori scena, stereotipi marcati ma abilmente inframmezzati da tratti ironici che ne spezzano la metallicità quando arrivano al limite.
Il tutto sarebbe forse più godibile con una recitazione a parer mio meno concitata e veloce, possibilmente un poco sfrondata da qualche immancabile volgarità tipica del teatro contemporaneo, come l’onnipresenza di riferimenti al sesso cosiddetto improprio.
Alla fine, nel secondo atto, i personaggi paiono acquistare consapevolezza dei propri problemi di fondo.
Il finale propone un colpo di scena che odora di distruzione irreversibile, surreale ed amarognolo, segnato da una profonda verità: il limite umano è stato voluto dal cielo per dare significato alla vita. Omar e Patrizio scelgono un destino comune nello spazio, Nat e Jasmine resteranno sul satellite per dare continuità agli umani .Le meline rosse che compaiono improvvisamente sul piccolo bonsai paiono aprire ad una speranza di vita autentica.
Attori come sempre eccezionali ed affiatati.
Drammaturgia Gabriele Di Luca – regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi.
Consulenza filosofica Andrea Colamedici – Tlon con Sebastiano Bronzato, Alice Giroldini, Sergio Romano, Roberto Serpi, Massimiliano Setti, Ivan Zerbinati
Costumi Stefania Cempini | scenografia e luci Lucio Diana | musiche originali Massimiliano Setti
Produzione Marche Teatro, Teatro Nazionale di Genova, Teatro dell’Elfo, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini in collaborazione con Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna “L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale” ELISA PRATO