Un anno esatto è passato da quando il territorio imperiese ci ha ospitato in occasione dell’allestimento a Dolceacqua e a Bordighera della mostra su Claude Monet e, a distanza di un anno, abbiamo deciso di tornare alla scoperta di quanto non eravamo riusciti ad esplorare allora.
Che cosa c’è alle spalle di Dolceacqua e che valle è quella che si apre agli occhi del turista esploratore della Liguria alle spalle di Bordighera? Un torrente e una valle che ne prende il nome; terra di olio extra vergine di oliva e di vino.
Valle stretta e impervia la Val Nervia, dominata da antichi castelli e disseminata di tracce romaniche.
Eccoci di nuovo qui, in questa splendida terra e questa volta alla scoperta di alcuni dei suoi borghi medievali: Rocchetta Nervina, Isolabona e Apricale.
Alle spalle di Dolceacqua Rocchetta Nervina presenta gioielli preziosi di epoca romana ad ogni angolo del centro storico, primo fra tutti la sua cinta muraria che accoglie il turista al suo arrivo.
Antica terra di confine e luogo di combattimenti, i Doria e Savoia si sono succeduti nella dominazione del borgo medievale. Un ponte romanico ci apre le porte del borgo e ci introduce nei tipici “carugi”; stradine e viuzze si intrecciano fra loro e giù, sotto le antiche mura, scorre il rio Barbaira. Sentieri, torrenti e laghetti, rapide da sfidare e grotte da scovare; non ci si annoia a Rocchetta Nervina.
Ma si deve essere pronti a camminare non senza faticare perché la Liguria è ripida e selvaggia e spesso ci sfida a scoprirla.
Piatto per eccellenza della tradizione contadina di Rocchetta la capra e fagioli da gustare piacevolmente al ristorante che prende nome dal Rio Barbaira, la si ordina non senza qualche dubbio ma poi non la si dimentica più.
Fatta come una volta da una saggia donnina che sbuca decisa dalla cucina e resta dietro al bancone; la osserviamo bene e capiamo subito che abbiamo davanti a noi la tradizione in persona. Per gli amanti dei ravioli qui si fanno al “pesigu” o pizzicotto; tutti da scoprire perché non sono quelli che ti aspetti e la loro forma allungata e il loro ripieno ti conquistano.
Quando torniamo indietro e dalla piazza diamo l’ultimo saluto al borgo ci sembra un serpentone, una lunga e stretta fila di casupole in pietra che domina la piazza centrale dall’alto; un’onda che corre lungo il suo torrente e il suo movimento ci accarezza dolcemente.
Lasciata Rocchetta Nervina, arriviamo ad Isolabona, insediamento medievale del XII e XIII secolo.
Il nome gli deriva dalla lingua di terra pianeggiante e fertile dove tutt’oggi si possono ammirare tracce romaniche risalenti al II secolo a.C. come l’acquedotto sulla strada provinciale. Dominata dal X secolo dai conti di Ventimiglia, dai Doria di Dolceacqua, signori feudali che favorirono gli insediamenti medievali di tutta la Val Nervia, dai Grimaldi di Monaco e dai Savoia. Antico centro commerciale e passaggio obbligato verso Apricale fino al 1932, quando venne costruito il ponte nuovo.
Isolabona, da sempre terra di confine, subisce influenze politiche e commerciali; è terra bizantina di tradizione greco-romana e allo stesso tempo provenzale e prealpina.
A Isolabona ci si perde tra il ponte romanico e la fontana quattrocentesca della piazza principale dove una volta, ma ancora oggi, si giocava a “pallapugno” prendendo a pugni un pallone di due etti che rimbalzava veloce e imprevedibile sulle pietre del selciato. Il centro storico del borgo ci appare come un piccolo mondo antico.
Uno scudo di pietra; antiche case, botteghe e osterie, tutte costruite a ridosso del torrente, archetti in pietra pensili che le collegano tra loro, edicole sacre in stucco sopra le porte di legno delle abitazioni, ringhiere di scale in ghisa decorate con motivi art decò, finestre settecentesche con inferriate piccole quasi a celare l’intimità del borgo.
Ci troviamo catapultati nel Medioevo senza accorgercene e la cosa ci piace; è una sorta di recupero della memoria, di intimità profonda con noi stessi e la nostra storia, di ritorno alle origini che qui si respira a pieni polmoni.
Cammini, osservi i vicoli stretti del borgo e in alto e in basso tutto è di pietra e capisci che è la cultura di questi luoghi che si fa Arte. Una cultura che vede regina del luogo l’oliva taggiasca e il suo olio extra vergine di oliva apprezzato in tutto il mondo. Molini e frantoi disegnavano l’antico paesaggio di questa valle.
A partire dal XV secolo l’olivo viene adattato alla realtà agricola locale e diventa coltura remunerativa rilevante; i terrazzamenti si allargano a macchia d’olio in un territorio impervio e difficile. I molini da cereali diventano frantoi e tra XVIII e XIX secolo l’olivocultura regna sovrana.
L’extravergine taggiasco, dal sapore fruttato e ricco di polifenoli e il Rossese di Dolceacqua ancora oggi non possono mancare sulle tavole della Val Nervia e ne costituiscono le vere e proprie eccellenze. Domina il borgo il castello Doria. Gioiello perfettamente ristrutturato dalla precedente amministrazione pubblica attenta al recupero storico e culturale dell’intera zona. Fortificazione difensiva a controllo della Val Nervia e dell’accesso ad Apricale risalente al XIII secolo che presenta un’antica torre quadrata con alte feritoie laterali, un corpo esagonale ed un portale di ingresso con arco acuto.
Non si può perdere la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Maddalena dedicata al culto di origine provenzale che vedeva la Maddalena protettrice di vignaioli, giardinieri, marinai, bottai, tessitori e prostitute.
La ricorrenza è il 22 luglio e tradizione vuole che se si lavora in quel giorno si è colpiti da un fulmine.
Il campanile risale al 1579. La struttura non è in pietra, bensì in laterizi di tradizione provenzale. Gli interni della chiesa, decorati a stucco, presentano capitelli compositi con decorazioni fitomorfe di origine tardo Seicentesca. Gli altari hanno una struttura tardobarocca di tipo classico e devozionale e sopra l’altare un crocifisso processionale della seconda metà del XV secolo; degna di nota anche la statua processionale della Maddalena fedele alla produzione artistica barocca genovese.
A fianco della Chiesa si trova l’Oratorio della Santa Croce, tipico oratorio di confraternita di cui la Liguria occidentale è ricca. Facciata classica e apertura trilobata in alto; un’unica navata centrale con presbiterio absidale, volta a botte di tipo seicentesco e altare maggiore in stucco settecentesco. Le pareti laterali presentano scene legate alla Croce.
Arroccato sulla cima di un colle e circondato da colline di ulivi, Apricale si presenta ai nostri occhi come una curva sinuosa di antiche case in pietra sparse lungo una dorsale di un pendio dominato dal Castello della Lucertola.
Fortificazione difensiva del X secolo e successivamente residenza feudale e signorile, oggi è sede di importanti eventi culturali; patrimonio storico di notevole valore per il territorio imperiese.
“Il paese degli artisti” amato da pittori, scrittori e artisti in genere presenta opere d’arte a cielo aperto come alcuni murales disseminati per il borgo e “Il giullare che fa una serenata alla luna” opera di Emanuele Luzzati, innamorato del borgo che ottenne dal Comune la cittadinanza onoraria nel 2003.
Apricale è un borgo medievale eretto a partire dal IX secolo intorno al suo Castello dai Conti di Ventimiglia; dal 1270 diventa possesso dei Doria di Dolceacqua. Anche qui hanno dominato i Grimaldi di Monaco. Camminando per le sue antiche viuzze giungiamo alla piazza del borgo che sembra un teatro all’aperto dal forte impatto visivo; giriamo lo sguardo tutto intorno e ci sentiamo abbracciati dalla Storia.
Le finestre delle case in pietra quasi si toccano e sembrano parlarsi sotto voce. Si sale e si scende ad Apricale e ci si nasconde sotto gli archi medievali del centro storico. Alziamo lo sguardo e troviamo balconi fioriti, camminiamo lungo viuzze strette di ciottoli di pietra e curiosiamo le porte di legno antico scolpite finemente. Qui il tempo sembra essersi fermato.
Tornando a Isolabona troviamo due percorsi assolutamente da scoprire: uno verso la località “Morghetta” e l’altro verso Rocchetta Nervina.
“Mulattiere” denominate così perché il vero camminatore del passato in queste terre era il mulo, carico di merci su entrambi i fianchi; stradine strette e ispide di pietre di torrente e di mattoni chiamate “rissoli”.
Immersi nella macchia mediterranea, dove la Natura incontra l’Uomo e viceversa, andiamo alla scoperta di flora e fauna e dei muretti a secco costruiti dalle maestranze liguri del luogo; opere edili o opere d’arte? La Val Nervia e il suo territorio sono il regno della biodiversità dove specie costiere convivono con realtà montane: ulivo, frassino, quercia, agave, eucalyptus, ginestra, ginepro, timo, rosmarino e finocchietto selvatico inebriano l’aria che si respira. Nei cieli si possono ammirare il cavaliere d’Italia, l’airone cinerino e i cormorani. Trote e gamberi popolano le acque dei torrenti disseminati lungo la valle, come il Nervia e il Merdanzo, quest’ultimo citato da Italo Calvino nel “Barone rampante”.
Godiamo di buona parte di tutto questo da un luogo incantevole immerso in una collina di ulivi dai riflessi argentei intensi. E’ l’ “Agriturismo Colline Morghetta” dove Dario, gran maestro della pietra e Luciana, squisita padrona di casa che sa come coccolare i suoi ospiti, ci accolgono in un’oasi di pace e tranquillità e ci raccontano un angolo di paradiso ligure dove il relax regna sovrano.
Qui ci si sveglia nell’appartamento “C’era una volta” o nella “Villa Morghetta” con il canto del gallo, si fa colazione con le uova fresche appena prese dal pollaio e ci si tuffa in una piscina circondata dagli ulivi; poi si parte alla scoperta della Val Nervia e la sera un barbecue tutti insieme, perché qui all’ “Agriturismo Colline Morghetta” davvero ci si sente come a casa dove la casa diventa un piccolo angolo di paradiso della Liguria di ponente. Sabrina Malatesta