“L’accoglimento del ricorso e’ una cosa importante e rara, che avviene solo in pochissimi casi. Sono contenta perche’ non ho fatto un ricorso generico, ma ho fatto esplicito riferimento agli articoli 6 e 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Sono stata infatti condannata non su prove documentali, ma di tipo indiziario”.
Lo ha dichiarato oggi all’agenzia Dire l’ex sindaca di Genova Marta Vincenzi (Pd) a seguito della sentenza nel processo d’appello appello bis per l’alluvione del novembre 2011, che causò la morte di sei donne, di cui due bambine, travolte dall’esondazione del Fereggiano.
L’imputata ha “patteggiato” la pena di tre anni di reclusione.
L’ex sindaca potrà evitare così il carcere (ipotesi molto concreta prima che il procedimento arrivasse in Cassazione) e scontare la pena con l’affidamento in prova ai servizi sociali.
La sentenza, emessa oggi pomeriggio dai giudici della prima sezione penale della Corte di appello di Genova che hanno accolto la richiesta di concordato per la riformulazione della pena, fa parte di un lungo processo e di una grandissima tragedia per la nostra città che durano da quasi nove anni.
Marta Vincenzi era stata condannata in primo e secondo grado a cinque anni per disastro e omicidio colposo plurimo e falso.
Tuttavia, la Corte di Cassazione aveva ordinato un processo bis per ricalcolare le pene.
I famigliari delle vittime, risarciti alcuni mesi fa dall’assicurazione del Comune di Genova, avevano revocato la costituzione di parte civile e, in sostanza, sono uscite dal processo.
Oggi hanno quindi “patteggiato” la condanna, a vario titolo, anche gli altri imputati del processo bis sull’alluvione 2011.
Tre anni e quattro mesi per il dirigente comunale ed ex comandate della Polizia municipale Gianfranco Delponte e per l’ex assessore comunale Francesco Scidone.
Due anni e quattro mesi, invece, per il dirigente comunale Pierpaolo Cha.
Sei mesi per l’ex coordinatore dei volontari della Protezione civile comunale Roberto Gabutti.
L’unico che non ha concordato la pena con la procura generale è stato l’ex dirigente della Protezione civile comunale Sandro Gambelli: è stato condannato a due anni con la condizionale, subordinati a lavori di pubblica utilità.
In ogni caso, tutti gli imputati potranno evitare così il carcere.
“Vorrei che di questo processo – ha aggiunto Marta Vincenzi – non rimanesse solo la mia sofferenza personale, ma fosse un monito e uno sprone a cambiare le leggi.
Non credo ci vogliano categorie con l’immunità penale, come qualcuno ha proposto nell’emergenza coronavirus, ma servono leggi comprensibili che non lascino a magistrati e tribunali ampia discrezionalità.
Altrimenti, ogni cosa che succede può essere sempre o non può essere mai responsabilità del sindaco.
Per quanto riguarda l’articolo 6 della Convenzione europea ho invocato il fatto che ho ricevuto tre processi, in cui sono state dette tre cose diverse.
In primo grado venivo accusata di non aver chiuso le scuole ed era per questo che le persone erano morte.
Nel primo processo di appello, la mia colpa era diventata quella di essere andata a un convegno mentre c’era l’alluvione.
Poi i giudici di Cassazione hanno detto, in sostanza, che era giusto e legittimo tenere le scuole aperte e che era giusto che onorassi l’impegno istituzionale al convegno. Tanto più che al centro operativo comunale c’era un assessore con delega.
Di fatto, la mia è solo una responsabilità oggettiva ed è qui che ho chiamato in causa l’articolo 7.
La Cassazione ha evidenziato che c’era qualcosa che non andava nell’organizzazione della macchina della Polizia municipale: penso che sia l’unica sentenza vicina a qualcosa di vero”.