SAVONA – Ho incontrato Angelo Toscano in occasione di una festa ad Upega dove l’autore presentava il suo libro: “ Transumando dalle Alpi al mare”.
Toscano è uno degli ultimi testimoni del mondo legato alla pastorizia ed alla transumanza e proprio per questo ha voluto scrivere il libro: “Mi sembrava doveroso- ha spiegato Toscano- ricordare una attività che ha interessato in passato la maggior parte della popolazione di Montegrosso Pianlatte, il piccolo comune dove sono nato”.
Toscano è stato docente tecnico all’ ENAIP di Albenga e quando la scuola venne chiusa ha contribuito alla creazione dell’ E.L.Fo. Ente Ligure di Formazione. Dal 1980 al 1999 è stato sindaco di Montegrosso Pianlatte e dal 2006 al 210 è stato consigliere provinciale.
“Non è stato difficile parlare di questo argomento- prosegue Toscano-sono nato e cresciuto in una famiglia di pastori che ha cessato questa attività nel 1980 quando avevo 32 anni”.
La presentazione del volume si è svolta nell’ambito delle manifestazioni estive della Pro Loco di Upega, presieduta dalla instancabile Marisa Ravera. A presentare l’autore è stato il professor Carlo Lanteri: “Il libro di Toscano- ha commentato Lanteri – è riuscito a fare rivivere quel mondo ormai lontano. Non che oggi non ci siano più i pastori, ma tutto è cambiato.
E’un libro concreto, legato all’esperienza diretta, che contribuisce a conservare la memoria storica della civiltà e del mondo della pastorizia. Per quei pastori la transumanza era una esperienza di vita continua”.
Una vita molto faticosa: “La vita di tutti i pastori- conclude Toscano- era una vita completamente dedicata al loro gregge per 365 giorni all’anno, senza riposi e festività, con il sole e con la pioggia, dall’alba al tramonto.
Nell’ epoca d’oro alla Madonna della Neve esisteva quasi una frazione del paese dove vivevano una ventina di persone e le pecore dei vari pastori erano almeno tre mila.
La vita dei pastori era in continuo movimento, una esistenza di umili e grandi lavoratori, come tutta la gente di montagna, rispettosi della natura e dell’ambiente, che sapevano regimentare le acque.
Camminavano sempre con la roncola al fianco e la zappa sulle spalle: per tenere puliti i sentieri e le mulattiere dalle piante infestanti, oppure per togliere dalla strada una pietra caduta dalla scarpata, o per sistemare una zolla di terra su una sponda per evitare che l’acqua tracimasse invadendo una piccola fascia dove non si sarebbe potuto falciare e raccogliere un po’ di fieno.
Erano veri guardiani del territorio”.
CLAUDIO ALMANZI