Continuano le sottoscrizioni alla lettera che Anorc, l’Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Custodia di contenuti digitali, ha inviato al ministro per l’Innovazione per chiedere chiarimenti sulla App Immuni.
Decine tra magistrati, docenti, giornalisti ed esperti di settore si sono aggiunti all’appello inviato la scorsa settimana dall’Associazione dopo che, in un’intervista dello scorso 21 aprile, Paola Pisano ha fatto dichiarazioni “non completamente allineate con altre dichiarazioni espresse nella stessa giornata, in particolare da parte del commissario straordinario Domenico Arcuri”. Lo riporta l‘agenzia Dire.
I punti su cui puntano il dito i firmatari della missiva, ovvero gli Avv. Andrea Lisi, Avv. Enrico Pelino, Avv. Fulvio Sarzana di Sant’Ippolito e su cui si chiede al ministro di far luce sono: “se la licenza open source verso l’app Immuni ricomprenderà tutti i codici sorgenti e le componenti del software, comprese le relative librerie, in modo da rendere il governo italiano completamente autonomo nel suo sviluppo e manutenzione; se si intende chiarire con precisione quali flussi di dati personali l’applicazione e la sottostante infrastruttura comporteranno e quali flussi di informazioni invece anonime (indicando gentilmente “anonime” in base a quali criteri); se si intendono pubblicare i codici sorgente in modo da rendere anche riutilizzabile la soluzione e, in ogni caso, controllabile dalla collettività; se si intendono rendere pubblici i contratti stipulati con il fornitore e se si intende confermare che l’intera operazione – ivi comprese le attività di sviluppo e manutenzione – possa essere considerata a titolo gratuito; se si intende adottare un sistema decentralizzato ispirato al protocollo DP3T (utilizzato da Apple e Google in cui i dati sono decentralizzati e non sono salvati su un server centrale, ma sui rispettivi dispositivi) o centralizzato, dove tutti i dati finiscono su un server, ispirato al protocollo PEPP-PT; quando saranno forniti i dettagli su finalità e modalità di trattamento, sui tempi di conservazione, sulla tipologia di dati trattati, sulle modalità di pseudonimizzazione, sulla circolazione e disponibilità fisica di questi dati, sulla relativa DPIA (Valutazione di impatto sulla protezione dei dati”.
Secondo l’Associazione, che dal 2007 è diventata il riferimento nazionale per le aziende e i professionisti impegnati nel campo della digitalizzazione e protezione del patrimonio informativo e documentale in ambito pubblico e privato, deve essere “garantita al popolo italiano una verifica pubblica dell’intero impianto organizzativo su cui si poggerà Immunià.”
Inoltre, si legge ancora nella lettera, “come ricordato dal Presidente Antonello Soro, presidente dell’autorità garante per la protezione dei dati personali, in un’intervista rilasciata in data 22 aprile su Radio Capital, una strategia di mappatura diffusa, pur basata sul consenso libero, informato e quindi pienamente consapevole degli italiani, deve essere necessariamente preceduta da una normativa di rango primario che precisi i principi generali che legittimino un trattamento di dati personali di questa portata”.
Il link dove è possibile leggere la lettera