Chiude oggi ArteJeans, la mostra aperta in occasione del Festival del Jeans, GenovaJeans, che si è tenuto nel capoluogo ligure dal 2 al 6 settembre. Gli ingressi alla serie di mostre diffuse in città sono stati 13.600, mentre si è registrato il sold out ai convegni e si è stimata un’affluenza di circa 45.000 persone per le vie del Jeans.
L’evento, che avrà cadenza periodica, mira a creare relazioni tra passato e futuro intorno al tessuto blu nato a Genova e vuole farlo in nome della sostenibilità – si spera anche economica, viste le polemiche nate dall’impegno di denaro molto elevato per gli eventi di quest’anno, nonostante il contributo di noti sponsor del settore.
È pur vero che i tempi di organizzazione sono stati ristretti e, comunque, il turismo ha beneficiato di spettacoli e altre attrattive, come il coinvolgimento del settore moda e degli operatori commerciali.
La sola mostra ArteJeans è stata prorogata sino alla fine del mese, perché costituisce un progetto indipendente e separato (segue a una prima puntata espositiva a Villa Croce, l’anno scorso, con un nucleo ridotto di 24 opere).
A pochi passi dal Galata Museo del Mare, è ospitata nel Metelino, edificio di archeologia industriale ripristinato nei primi anni duemila insieme al Galata, al Caffa e al Tabarca. Destinato nel passato a magazzini ed emporio merci, costituisce così un nesso simbolico tra la Darsena e il centro storico, tra lo stivaggio del jeans in attesa di essere caricato sulle navi e le botteghe di vendita al pubblico.
L’esposizione di arte contemporanea, a ingresso gratuito, e visitabile dal martedì alla domenica dalle ore 11 alle ore 19.30, comprende 35 opere di 37 artisti diversi, eseguite su tela jeans Candiani Denim e donate alla città.
L’idea si deve all’associazione ArteJeans, fondata dalla gallerista Ursula Casamonti – che presiede la sede londinese di Tornabuoni Arte – e Francesca Centurione Scotto Boschieri, fine studiosa di letteratura e storia dell’arte. Entrambe tengono alta la bandiera di ambasciatrici di Genova nel mondo.
Francesca mi racconta gli step che l’hanno condotta a questo evento.
Manuela Arata, già fondatrice del Festival della Scienza di Genova e ideatrice e presidente del Comitato Promotore di GenovaJeans, nel 2020 aveva avuto l’idea di un Festival Genova Jeans e di un museo / archivio di storia del jeans. Francesca innesta nel progetto una svolta verso il contemporaneo e Ursula Casamonti decide che si possono spedire agli artisti teli uguali di Jeans Candiani delle dimensioni di 1,80 x 2 m, sui quali sono liberi di intervenire seguendo il proprio stile.
Con una iniziativa così concepita è davvero possibile “lanciare Genova nel mondo attraverso il jeans”, ribadisce Francesca Boschieri, “costruendo un rapporto osmotico tra gli artisti”. La grande installazione di Francesca Pasquali, che si vede scendere a terra dall’alto soffitto, ad esempio, è il frutto di un workshop con gli studenti dell’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova.
La Tréssa, site specific, intreccia ritagli di tessuto di jeans e ricorda i ponti tibetani. Adulti e bambini attraversano lo spazio da essa occupato come se passassero attraverso alle liane di una foresta.
Poi ci sono opere di artisti noti e meno noti: da Enzo Cacciola che produce due monocromi ricoperti di cemento Buzzi, a Emilio Isgrò con le sue raffinate cancellazioni applicate alle “Tre caravelle tre”, da Goldschmied & Chiari con la stampa laser “I Goldschmied” a Ugo La Pietra con l’acrilico “La città scorre ai miei piedi”, da Valentina Palazzari con la bella ruggine su tela “Senza titolo” a Pino Pinelli e la “Jeans pittura”, sino a Serena Vestrucci e i suoi guanti di jeans “Lavoro protetto” o a Cesare Viel con la sua serigrafia calligrafica “Su di noi si abbatte la tempesta”.
Le finestrate del Metelino fanno da sfondo alla mostra, accentuando il gioco di luci e ombre: le costruzioni della città in salita appaiono come la visione di un film attraverso uno schermo. La location, la sua aria un po’ ‘rough’, irregolare, con i colori grigi del cemento a vista sul pavimento, le pareti divisorie effimere, le pennellate larghe sui muri, le opere ben distanziate ed esposte, restituisce un clima di internazionalità all’allestimento: sembra davvero di essere in un’ala della Tate Gallery di Londra.
Il Metelino è un edificio rimasto chiuso da decenni e finalmente riaperto per questa occasione. Di per sé potrebbe costituire un polo, un polmone di cultura e arte nella zona delle stazioni marittima e ferroviaria. Francesca Boschieri tiene a rimarcare che non le interessa un discorso “merceologico”, ma “culturale” intorno al jeans. L’arte può cambiare la faccia di una città, perché l’arte, come sappiamo, si va a inserire nel tessuto urbano e rigenera gli spazi locali. Dunque, ArteJeans è soprattutto, in questo senso, un progetto di legacy, internazionale, volto a costituire un “museo contemporaneo del jeans”. L’arte, quando c’è, registra il livello di cultura del luogo. Cimiteri, mercati e musei d’arte contemporanea sono le tre istituzioni che, secondo Francesca, denotano tale livello.
Noi possiamo pensare soltanto al futuro, il passato è passato. Per la black community americana, ad esempio, il jeans è simbolo di schiavitù, per Hollywood di libertà. I significati cambiano nello spazio e nel tempo. Presto verrà lanciata una Call to Action per gli artisti – spiega Francesca – e il futuro museo si arricchirà di opere donate da tutto il mondo. Collezionando arte ed emozioni su tela di jeans Genova rafforzerà ancora di più la propria valenza identitaria, quella che si fonda anche sugli splendidi teleri cinquecenteschi con la rappresentazione della “Passione di Cristo”, conservati nel Museo Diocesano: dipinti a biacca su fibra di lino, tinti con indaco, sono veri e propri bleu de Gênes. Ovvero blue jeans. Linda Kaiser