“Il sistema di remunerazione utilizzato da Aspi non soddisfa appieno i criteri stabiliti dalla Corte di Giustizia con la sentenza Altmark che disciplina il margine di utile ragionevole per un servizio di interesse pubblico generale dato in concessione come le autostrade in Italia.
A confermarlo è stata la stessa Commissione Europea, in risposta a un’interrogazione della Lega, che ci auguriamo sia oggetto di verifica dalla magistratura italiana”.
Lo hanno dichiarato ieri gli europarlamentari Lega firmatari dell’interrogazione, il genovese Marco Campomenosi (capo delegazione e primo firmatario), Paolo Borchia e Antonio Maria Rinaldi.
“La Commissaria Margrethe Vestager – hanno aggiunto – entra nel merito e afferma che ‘conformemente ai principi fondamentali per la ripartizione dei costi e il calcolo dei pedaggi, i costi sostenuti da Atlantia per l’acquisizione di Aspi non possono essere considerati costi di esercizio’.
Ora i giudici dovranno dire se Aspi ha riconosciuto negli anni ad Atlantia dividendi ben superiori al dovuto, sottraendoli agli investimenti necessari per la manutenzione delle infrastrutture con le evidenti conseguenze che tutto il mondo ha potuto vedere.
Gli ingenti proventi tariffari pagati dagli utenti sono stati funzionali a coprire i costi relativi al debito originariamente contratto nell’ambito dell’acquisizione delle azioni di Aspi e i suoi azionisti hanno ricevuto negli anni una compensazione che andrebbe oltre il costo del servizio reso e il margine ragionevole. Ora lo afferma anche l’Unione Europea.
In Italia non se ne era accorto nessuno, o in troppi hanno interesse a non andare a fondo in questa vicenda?”.
In sostanza, nel calcolare i costi da ripagare tramite le tariffe Aspi ha aggiunto anche i costi relativi all’acquisizione delle concessioni autostradali.
Fatto che viene ad essere considerato illecito, e configurante gli aiuti di stato, da parte della Commissione europea.
Quindi gli utenti hanno pagato tariffe più alte perché ripagavano l’investimento iniziale fatto per comprare le concessioni stesse, tra l’altro rischiando di far condannare lo Stato per aver concesso degli “aiuti illeciti”.