L’azione è contro le missioni militari italiane a difesa di Eni e delle fonti fossili
Questa mattina attivisti di Greenpeace, con il supporto della nave Rainbow Warrior, hanno realizzato un’azione dimostrativa nel porto di La Spezia per denunciare il finanziamento da parte del governo italiano di missioni militari a tutela degli interessi di ENI e delle fonti fossili.
Un recente rapporto dell’associazione ambientalista stima infatti che due terzi del budget italiano speso nel 2021 per le missioni militari è stato destinato a operazioni collegate con la difesa di gas e petrolio, per un totale di quasi 800 milioni di euro.
Alla Spezia, la Rainbow Warrior ha simbolicamente scortato in porto la fregata Marceglia della Marina Militare, di rientro oggi in Italia dopo quattro mesi nel Golfo di Guinea, dove ha svolto attività antipirateria con il primo compito di «proteggere gli asset estrattivi di ENI».
Greenpeace chiede al governo italiano che questa missione sia l’ultima con il compito di tutelare gli interessi dell’industria dei combustibili fossili.
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La protesta pacifica è ancora in corso e gli attivisti, provenienti da diversi Paesi, si sono calati in mare a bordo di gommoni, kayak e piccole imbarcazioni a vela esponendo striscioni con la scritta: «Difendiamo il clima, non le fonti fossili».
Il messaggio di Greenpeace è rivolto al ministro della difesa Lorenzo Guerini e al Governo italiano.
«Siamo di fronte a un vero paradosso: oggi che la più grave minaccia per l’umanità è la crisi climatica, l’Italia spreca risorse per difendere gli interessi dell’industria del gas e del petrolio, principale responsabile degli eventi climatici estremi che sempre più spesso colpiscono anche il nostro Paese minacciando la sicurezza dei cittadini», dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia.
«Il governo deve smettere di finanziare la crisi climatica spendendo soldi pubblici per le fonti fossili. Solo abbandonando gas e petrolio, e puntando davvero su rinnovabili ed efficienza energetica, il nostro Paese potrà garantirsi un futuro verde e di pace, mitigando i rischi economici e ambientali legati al riscaldamento globale. Altrimenti la transizione ecologica continuerà ad essere solo un vuoto slogan politico».
Oltre alle due operazioni che hanno come esplicito compito la «sorveglianza e protezione delle piattaforme di ENI che si trovano nelle acque internazionali», cioè “Mare Sicuro” al largo della Libia e “Gabinia” nel Golfo di Guinea, nel corso di alcune audizioni parlamentari il ministro della Difesa Guerini ha collegato altre missioni italiane alla tutela di fonti fossili: da quelle in Iraq a quelle nel Mediterraneo orientale, fino a quelle dispiegate in zone strategiche per le nostre importazioni di petrolio e gas, come il Golfo di Aden e lo Stretto di Hormuz.