La Compagnia i Cattivi Maestri va in scena con Barbablù, dalla fiaba di Charles Perrault.
Domenica 24 novembre ore 17,00 Sala Diana Teatro Garage. Regia Antonio Tancredi.
Testo di Antonio Tancredi, Francesca Giacardi e Maria Teresa Giachetta.
con Francesca Giacardi e Maria Teresa Giachetta. Costumi di Francesca Marsella.
Allestimento scenico di Francesca Smith e Massimo Ferrando. Musiche originali di Claudia Pisani.
domenica 24 novembre ore 17,00 alla Sala Diana la Compagnia i Cattivi Maestri mette in scena un classico di Perrault “Barbablù” una fiaba per grandi e piccini consigliata a partire da 7 anni.
Antonio Tancredi che ha curato la regia è anche autore dell’adattamento teatrale assieme alle due interpreti Francesca Giacardi e Maria Teresa Giachetta.
La messa in scena parte dal racconto delle due sorelle di Anna che lavorando a maglia intrecciando fili di lana e storie, la loro e quella di un uomo, Barbablù, che un giorno si presenta a casa loro perché sta cercando una moglie.
Se le sorelle rifiutano la proposta di matrimonio, la più piccola, Anna, la più ingenua, la più curiosa, accetta. Ma chi è quell’uomo che ogni tanto dà grandi feste e che è alla ricerca di una moglie sempre nuova? E perché ha quella barba così blu?
Anna, da quel momento sarà circondata da accortezze e regali. In cambio dovrà rinunciare a fare domande. Potrà fare tutto quello che vuole tranne usare una piccola chiave. A lei spetterà la scelta: ignorare la chiave e la stanza con i misteri che sono custoditi o aprire quella porta per vedere cosa c’è dietro.
La storia di Barbablù è raccontata da quelle due sorelle che hanno deciso di non dimenticare e continuare a raccontare per salvare le sorelle e i fratelli da altri Barbablù. Anche loro, come Anna, decidono di aprire la porta di Barbablù, nonostante possa far paura. Ma le fiabe lo insegnano bene, la paura è qualcosa che bisogna affrontare per poter crescere e compiersi come persona. E nel farlo, bisogna non abbandonare la curiosità e il vero sentire perché in gioco è la vita.
Una fiaba che si interroga sulla libertà e sul valore della curiosità e dell’emancipazione. Come ad Anna è richiesto di scegliere se restare “muta” e “cieca” o vedere e agire, così, a noi, spettatori la fiaba chiede di non rinunciare a chiedere a domandare, a non chiudere li occhi, a tenere sempre desto il nostro istinto, ma anche a chiedere aiuto, in caso di bisogno.