Ha cominciato Macron non escludendo l’invio di truppe occidentali in Ucraina e ha continuato von der Leyen, dichiarando che la guerra, in Europa, non è imminente, ma non è neppure impossibile.
Poi, tanto per rassicurarci, ci ha pensato il capo del Pentagono, dicendo che se l’Ucraina perde la guerra, i Paesi Nato dovranno combattere contro la Russia. Difficile essere più chiari di così.
E Macron ora insiste di nuovo con una folle propaganda di guerra e incontra Scholz.
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Il rischio di una escalation è sempre più grande. Vengono in mente le pagine di Karl Kraus di Die letzten Tage der Menschheit, la tragedia con la quale Kraus reagiva all’allucinatorio vocio, all’euforia per l’inizio della Prima guerra mondiale.
Eppure, sembra incredibile: una guerra in Europa? Una nuova guerra, che rischia di divenire mondiale, è davvero una possibilità che Stati Uniti e Unione Europea stanno seriamente valutando, prendendo in considerazione?
Per quasi un secolo avevamo creduto che, dopo l’Olocausto e gli orrori della Seconda guerra mondiale, mai più i paesi europei sarebbero scivolati nell’incubo di un nuovo conflitto. Oggi tutto questo sembra dimenticato.
Per gli americani, con i loro militari ricoperti di decorazioni, che non somigliano più ai folli generali dei film sul Vietnam, quanto ai freddi burocrati del recente film di fantascienza The Creator, l’Europa è solo un piccolo spazio sulla scacchiera mondiale, un possibile “scenario” di guerra come altri, lontano da casa loro.
E per noi? Forse non riusciamo neppure bene a rendercene conto, e quando von der Leyen parla di una guerra possibile contro la Russia ce la immaginiamo, al più, come una specie di videogioco, di conflitto a colpi di droni senza morti e feriti in trincea.
Sbagliamo, ovviamente. Stiamo lentamente scivolando, da entrambe le parti, su una china estremamente pericolosa senza quasi che ce ne accorgiamo ma se continua così arriveremo in fondo alla china e alla fine ci attende la catastrofe nucleare.
Non è la prima volta che siamo stati sull’orlo dell’abisso.
La crisi dei missili cubani rischiò davvero di far precipitare il mondo in un’apocalisse nucleare. Ce lo siamo forse dimenticati, come ci siamo dimenticati del fatto che allora un grande Pontefice, con altrettanto grande abilità, contribuì a disinnescare la miccia.
Papa Giovanni XXIII riuscì, non solo attraverso il suo appello pubblico, a “salvare la pace” nel mondo. Ci riuscì puntando sul fatto che John Fitzgerald Kennedy era il primo Presidente degli Stati Uniti di religione cattolica.
E oggi? Anche l’inquilino attuale della Casa Bianca è un cattolico ed è un particolare che Papa Francesco non dovrebbe trascurare.
Il Papa, infine, ha parlato. Un antidoto al “vocio” di oggi. E non ha detto, in sé, nulla di sbagliato.
La guerra gli ucraini la stanno perdendo davvero. Il Pontefice ha detto quello che tutti sanno ma che nessuno ha il coraggio di dire. Lo ha detto, però, nel modo sbagliato, dando cioè l’impressione di chiedere semplicemente la resa incondizionata degli ucraini.
In realtà ha esplicitamente parlato di “negoziato”, ma le polemiche sono comunque divampate.
Forse l’errore è stato quello di aver dato l’impressione di parlare come un leader politico, e non come il rappresentante di una cristianità che, dopotutto, continua a essere il più profondo e radicato legame tra Europa e Russia.
Certo, Chiese diverse, cattolicesimo romano e ortodossia, ma Mosca è pur sempre la Terza Roma.
O quella di Francesco voleva essere una provocazione, per aprire il negoziato?
Dire che la bandiera bianca è “coraggiosa”, significa dire l’esatto contrario della logica sostenuta da von der Leyen: ossia che prolungare questa guerra non preparerà affatto ad una nuova pace e che solo la pace può scongiurare una nuova guerra, quella che Francia e Germania stanno di fatto non più escludendo contro la Russia.
“Nur noch ein Gott kann uns retten”, diceva Martin Heidegger nella sua ultima intervista. Oggi possiamo forse dire: “Soltanto un papa può ancora salvarci”. Prof. Paolo Becchi