Quali conseguenze ci saranno su mutui e debito pubblico italiano, dopo la decisione della Bce di alzare i tassi di interesse?
La Bce, ieri 21 luglio 2022 ha alzato i tassi di interesse di 50 punti base. Una decisione dovuta ad un’inflazione che corre verso la doppia cifra. Per contenere l’aumento dei prezzi e di conseguenza dell’inflazione, aumentare i tassi di interesse è il principale strumento di politica monetaria di una banca centrale. Obiettivo primario della Bce è, infatti, il mantenimento della stabilità dei prezzi, ovvero un’inflazione intorno al 2% che esisteva nei primi anni duemila.
Quali saranno le ripercussioni di questa mossa sui bilanci famigliari e sul sistema imprese?
I prestiti e i finanziamenti a tasso variabile (mutui) a imprese e cittadini saranno più costosi perché occorre chiedere alla Bce una maggiore quantità di denaro in prestito. Perciò le banche dell’ Eurozona pagheranno un costo maggiore su ogni prestito. L’Euribor è il parametro di riferimento per i mutui a tasso variabile e come gli altri tassi di interesse interbancari, è molto sensibile alla variazione del tasso Bce. Però la formula del mutuo a tasso fisso protegge dalle variazioni successive dei tassi di interesse.
Sono in molti, gli italiani che si chiedono quanto potrebbero salire le rate dei mutui?
Uno studio del Codacons sull’aumento dei tassi deciso dalla Bce e i mutui a tasso variabile, si può fare il seguente calcolo: ipotizzando un mutuo da 200 mila euro per l’acquisto di una prima casa a Genova o Ancona o Roma, un finanziamento a tasso variabile salirebbe in totale di 14.640 euro in caso di finanziamento a 20 anni, di 18.300 euro per un mutuo a 25 anni e di 21.960 euro per un mutuo a 30 anni. “Deve essere considerato – e lo precisa anche il Codacons – che l’andamento dei tassi variabili subisce modifiche in negativo o in positivo durante la vita del finanziamento, con effetti diversi sulla spesa di chi ha acceso un mutuo”.
Maggiore sarà il costo del debito pubblico?
Lo Stato, per finanziarsi, emette ogni anno dei titoli, come i Btp Italia, e se i tassi di riferimento salgono dovrà pagare nei prossimi anni una cedola maggiore agli investitori. Questa, in teoria leggiamo sui libri di economia (1), sarebbe una notizia positiva per i risparmiatori. Tuttavia, chi ha in portafoglio titoli acquistati in passato ad un tasso di interesse più basso subisce una perdita di valore in conto capitale: quei titoli oggi valgono di meno perché è possibile acquistarne di nuovi, che pagano un tasso di interesse più elevato dei precedenti.
Rafforzamento dell’euro.
Dalla stretta monetaria produce anche un rafforzamento del tasso di cambio dell’euro che, al momento, si avvicina alla parità con il dollaro1. L’aumento del valore del dollaro, al quale abbiamo assisto in questi mesi, è conseguenza della serie aggressiva di aumenti dei tassi operata dalla Federal Reserve. Una moneta debole favorisce turismo ed esportazioni ma, al contrario, penalizza quei Paesi che importano molti beni, in particolare materie prime.
Rallentamento della crescita.
Il rischio generalizzato di una stretta monetaria è quello di una frenata della crescita, dovuta a una contrazione dei consumi e degli investimenti da parte delle imprese. Ma, d’altro canto, va osservato come possano essere ben più gravi le conseguenze di una inflazione galoppante. ABov. (1 Introduzione all’economia. Richard G. Lipsey) (Il libro dell’economia DK Gribaudo)