La gip del Tribunale di Genova Paola Faggioni oggi ha rigettato l’istanza di revoca degli arresti domiciliari per il governatore ligure Giovanni Toti, accusato di corruzione elettorale e da martedì 7 maggio rinchiuso nell’abitazione di famiglia ad Ameglia.
Mi sembra evidente che ci sia in corso un braccio di ferro fra certa magistratura e il presidente eletto dal popolo.
Ti dimetti e sei libero di muoverti, non ti dimetti e stai chiuso in casa, agli arresti domiciliari. In entrambi i casi non puoi governare e fare il presidente della Regione Liguria.
Dire che tutto possa comunque andare avanti tranquillamente sino alla scadenza naturale del mandato appare difficile da sostenere.
È vero che la scadenza naturale è il 2025 , in autunno peraltro, ma se Toti non sarà liberato entro i prossimi mesi non sarà facile portare avanti il lavoro della Regione Liguria in questa situazione.
Certo, le dimissioni sono una decisione che spetta soltanto a Toti, ma in politica si possono, se è il caso, anche sollecitare. Non bisogna sollecitarle, tuttavia, in questo momento perché sarebbe un grave errore politico e un regalo agli avversari che non aspettano altro.
Giovanni Toti, quindi, al momento deve resistere e bisogna sostenerlo.
Infatti, per la revoca degli arresti domiciliari c’è anzitutto da aspettare il ricorso al Tribunale del Riesame e poi eventualmente, per saltum, quello alla Corte di Cassazione. Questo è il percorso stabilito dal nostro ordinamento.
Alla fine di questi passi giudiziari, se le cose non dovessero cambiare, allora sì che si potrebbe prendere seriamente in considerazione l’ipotesi di sollecitare le dimissioni di Toti.
La giustizia ha i suoi tempi, se li prenda anche la politica. Per qualche mese la Regione Liguria può andare avanti anche così. Prof. Paolo Becchi
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