“Una dialettica interna ad un partito è cosa buona e giusta, segno di vitalità. C‘è la tesi, l‘antitesi e la sintesi. Ecco quello che al momento nella Lega sembra però mancare è la sintesi. E così la dialettica resta adornamente negativa”.
Comincia così l’analisi del prof. genovese Paolo Becchi, ordinario di Filosofia del Diritto all’Università di Genova, sul caso Giorgetti-Salvini, pubblicata oggi sul quotidiano Affaritaliani.
“Tutto è cominciato – ha spiegato Becchi – con l’entrata nel Governo Draghi. La decisione l‘ha presa Salvini ma Giorgetti da tempo la sosteneva. Forse l’errore iniziale è stato quello di non affrontare a viso aperto Draghi e di porre alcune condizioni per la partecipazione della Lega al governo.
Salvini ha lasciato fare Giorgetti e Giorgetti ha fatto. Ha fatto quello che voleva lui.
Da quel momento, Giorgetti ha cominciato ad insistere su una sua linea moderata, che la Lega avrebbe dovuto seguire. Svolta europeista e atlantista, adeguatamento alla linea Draghi su tutto. Viaggi in Bavaria e negli Stati Uniti.
E Salvini? Salvini si è messo sulla difensiva e non poteva fare altro. Ma non ha sciolto il nodo. Sinora ha lasciato fare, ma ora deve decidersi.
Vuole questa nuova Lega che la riduce a un ruolo importante sì ma subalterno e che riduce persino lui, Salvini, a un ruolo subalterno?
Questo è il nodo di Gordio e solo lui lo può tagliare.
Salvini ha preso un partito (quello di Bossi e Giorgetti) che stava per scomparire e lo ha fatto diventare con il progetto sovranista il primo partito in Italia, se si segue Giorgetti chissà la Lega forse potrà pure tornare al governo, con Berlusconi, Tajani, Meloni e La Russa ma sarà il Governo di una colonia dei burocrati di Bruxelles e degli americani.
Vuole questo Salvini? Non lo vuole? Non si può aspettare più. Il nodo va tagliato. Ora”.