Sospetti bandi “su misura di alcuni candidati” e presunti concorsi truccati all’Ateneo genovese, in particolare alla Facoltà di Giurisprudenza. Ipotetici reati ormai non più perseguibili come “abusi d’ufficio” e da archiviare. Ecco il commento del prof. Paolo Becchi sull’inchiesta della Procura di Genova.
Il calvario di una dozzina di professori dell’Università di Genova continua.
C’è una legge del Parlamento che ha abrogato l’abuso d’ufficio e a questo punto tutti i magistrati dovrebbero applicarla “in nome del Popolo italiano”.
Tuttavia, un pm di Genova (Francesco Cardona Albini, ndr) ritiene che così si aprirebbe un vuoto normativo, non si capisce quale, e che quella legge sia incostituzionale. Chiede, quindi, il rinvio alla Corte Costituzionale.
Al momento il giudice decide di prendere tempo, non fa ancora quello che il pm ha chiesto, ma aspetta. Anche perché la questione è già stata sollevata alla Corte Costituzionale e, dunque, basta in fondo pilatescamente attendere.
Non è tutto. Perché il pm aggiunge che anche in assenza di abuso d’ufficio ci sarebbero norme di diritto internazionale, in particolare europeo, da considerare.
Insomma, a farla breve, la legge italiana potrebbe comunque essere “bypassata” da direttive esterne che dovrebbero prevalere su quelle interne.
Però ora non è più il tempo di “Mani pulite”.
Questi sono gli ultimi colpi di coda di una parte della magistratura che vuole sostituirsi al Parlamento, che rappresenta il “Popolo italiano” e sovrano.
Il calvario dei professori genovesi è destinato a continuare, ma ormai è solo una questione di tempo.
Delle sofferenze, delle malattie e delle umiliazioni che questi professori, i quali hanno dedicato la loro vita alla nostra Università, hanno dovuto sopportare nessuno parla. E questo è vergognoso.
Sono passati quasi tre anni e non si sa ancora se qualcuno verrà o meno rinviato a giudizio.
È questa Giustizia?
Oggi più che mai è necessaria un’efficace riforma. Nell’interesse di tutti. Prof. Paolo Becchi