“I primi coronavirus, molto aggressivi e in grado di causare la morte di un terzo dei pazienti colpiti, risalgono al 2012 quando sono stati riscontrati in Arabia Saudita. Ad oggi trattamenti efficaci per il Mers-coronavirus non sono ancora stati individuati, ma un percorso interessante per i risultati che ha dimostrato viene dal team dell’Istituto di Virologia dell’Università di Medicina della Charité di Berlino. Questa ricerca per combattere la malattia si basa sull’autofagia. Le sostanze che inducono l’autofagia – tra cui alcuni farmaci autorizzati – hanno dimostrato la loro efficacia nel ridurre in maniera importante il tasso di replicazione del virus”.
Lo hanno riferito oggi i responsabili di Erga Edizioni, che hanno presentato il libro di Ulisse Franciosi, biologo genovese e autore di “Digiuno, Autofagia, Cibi Autofagici e Longevità”.
“L’autofagia – hanno aggiunto – è un processo di riciclaggio cellulare, in cui le cellule eliminano i componenti danneggiati o malati per rigenerare e costruire nuove cellule più sane; in questo modo i virus vengono solitamente identificati e smaltiti. Il team ha scoperto che il virus Mers-coronavirus può replicarsi in modo efficiente solo se inibisce l’autofagia. Lo studio si è quindi concentrato sull’uso di potenziali sostanze che potrebbero indurre il processo di autofagia e quindi ridurre l’infezione virale”.
“Studi che indagano l’interazione tra autofagia e virus – ha spiegato Franciosi – hanno rivelato che alcuni virus utilizzano parti del macchinario autofagico per la propria replicazione, ma hanno anche sviluppato strategie per sfuggire alla degradazione autofagica. Un ruolo dell’autofagia è suggerito dalla ricerca per un altro CoV, il virus dell’epatite dei topi (MHV) e per il virus della gastroenterite trasmissibile (TGEV).
Quindi, gli agenti che inducono l’autofagia possono avere effetti antivirali, e anzi la macroautofagia cellulare è un meccanismo con effetti antivirali documentati.
I ricercatori berlinesi hanno prima infettato le cellule con il virus Mers per seguire l’alterazione del processo di riciclaggio cellulare nelle cellule infettate dal virus ‘dimostrando che l’agente patogeno beneficia di un’attenuazione del processo di riciclaggio cellulare’ come ha spiegato il capo progetto Marcel Müller.
Hanno poi seguito un interruttore molecolare fino ad oggi sconosciuto che regola il processo di degradazione autofagica: la proteina SKP2.
Hanno scoperto che il virus Mers attiva questo interruttore molecolare per rallentare i processi di riciclaggio della cellula ed evitare la degradazione.
Utilizzando queste intuizioni, i ricercatori hanno trattato le cellule infettate dal Mers con vari inibitori SKP2 per stimolare il processo di degradazione e questa strategia si è rivelata vincente.
In particolare è stato dimostrato che un farmaco per il trattamento per la tenia, la niclosamide, è in grado di ridurre la replicazione del virus Mers nella coltura cellulare.
Una seconda ricerca di Nils Gassen e altri (fra cui sempre il dott. Müller) ha dimostrato che gli inibitori di SKP2 non solo potenziano l’autofagia, ma riducono anche la replicazione del Mers-CoV fino a 28.000 volte.
Questi risultati costituiscono una solida base per lo sviluppo di trattamenti per il virus Mers-coronavirus.
‘Ovviamente gli inibitori SKP2 dovranno essere testati in vivo prima di poter essere utilizzati come farmaci. Inoltre, bisogna valutare adeguatamente i rischi e i benefici per il loro uso in vivo, poiché anche i farmaci già approvati possono avere effetti collateral’ ha ricordato Müller.
I ricercatori stanno verificando se gli inibitori SKP2 siano anche efficaci contro altri coronavirus come il Sars-CoV-2, responsabile dell’attuale pandemia da Covid-19”.