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Carcere di Sanremo, ancora un tentativo di portare droga all’interno

Carcere di Sanremo, l’Uspp risponde al Senatore Berrino
Carcere Valle Armea a Sanremo (foto di repertorio)

Ancora una volta la polizia penitenziaria di Sanremo è intervenuta per evitare l’ingresso in carcere di sostanze stupefacenti.

Il SAPPe commenta positivamente la notizia e aggiunge il segretario Lorenzo: “Dopo l’intervento dello scorso 1 dicembre oggi nuovamente si è intervenuti per bloccare un altro tentativo di introduzione di sostanza stupefacente nel carcere di Sanremo. Questa volta è ancora più drammatico l’escamotage ideato da una donna marocchina che, pensava di eludere i controlli all’ingresso dei colloqui, presentandosi con un bimbo nel passeggino per effettuare il colloquio con il proprio fratello appunto detenuto a Sanremo. Non è sfuggito all’esperto poliziotto di turno il fare sospetto della donna e per questo ha chiesto l’intervento dell’unità di polizia femminile per effettuare un accurato controllo che ha consentito il ritrovamento della modica sostanza stupefacente nascosta nelle parti intime”.

L’episodio riporta alla ribalta la questione della sicurezza nelle carceri liguri che non può fare a meno della Polizia Penitenziaria e da qui la necessità di potenziare l’attività della Polizia Penitenziaria su tale fronte.

“Non è la prima volta – aggiunge il SAPPe – che la polizia penitenziaria sequestra sostanze stupefacenti che, con mille artifici, si cerca di introdurre negli istituti. Ad esempio, continua il SAPPe – Ricordiamo Marassi dove più volte si è stati costretti a sequestrare droga lanciata, all’interno del cortile del carcere, dalla confinante strada pubblica. Sono sempre più strategiche le metodologie per cercare di eludere i controlli, per questo – ne è convinto il SAPPe – che ritiene necessario aumentare il livello di attenzione ed affidare alla polizia penitenziaria maggiore autonomia oltre a dotarla di efficienti strumenti di controllo e di prevenzione come i cani antidroga da utilizzare specialmente durante le fasi dei colloqui tra detenuti e famigliari che risulta essere uno degli accessi maggiormente vulnerabili”.