Concerto di apertura particolarmente apprezzato quello di giovedì 10 settembre, il primo del trittico d’omaggio a Beethoven nel 250esimo della nascita (Bonn, 6 dicembre 1770).
Sono state eseguite ouvertures da concerto meno note al grande pubblico e poco proposte ( il Nostro è noto per le sue sinfonie e per il Fidelio, opera rappresentata con scarso successo in primis a Vienna nel 1805, sette giorni dopo l’occupazione della città da parte di Napoleone,ripresentata nel 1806 da un convintissimo Autore con il titolo di Leonora).
La produzione sinfonica di Beethoven, in particolare la Terza, detta l’Eroica, la Quinta (percepita come la testimonianza dell’uomo che vince il destino, quando il compositore era ormai avviato alla sordità irreversibile, diventata totale nel 1819), la Nona, dedicata a Federico Guglielmo III re di Prussia, sfociante nel famoso inno alla gioia (particolarmente toccante in quanto creazione di un uomo che non conobbe felicità), rivoluzionarono lo stile tradizionale della sinfonia classica.
Le ouvertures da concerto ascoltate in questa prima esibizione, la 113 “Le rovine di Atene” e la 117 “Re Stefano” fanno parte di un unico progetto compositivo del 1811: sono racconti musicali intensi e concentrati in un solo tempo che infondono vitalità e catturano col magnetismo lo spettatore, anche per l’uso sapiente di oboe e corni.
Non ancora le sinfonie “titaniche”, bensì quelle legate all’equilibrio dei modelli classici. Di qualche tono celebrativo risente “Re Stefano”, ma l’enfasi che ne promana, gli squilli dei fiati e l’ingresso dei violini fanno riconoscere lo stile del compositore. Lo stesso si può dire su “Per l’onomastico” del 1814, opera 115 dedicata all’imperatore Francesco D’Asburgo, nella quale qualcuno ha visto , ma non la scrivente, toni troppo formali e cerimoniosi.
Chiude la Sinfonia n. 1 in Do maggiore, op. 21, composta quando il Maestro aveva quasi trent’anni, primo incontro di Beethoven con il genere sinfonico, che sarà beethoveniano per eccellenza. Il celebre attacco in medias res della sinfonia – che dà la sensazione che la musica sia già cominciata prima del suo inizio effettivo – è un’ innovazione che testimonia quanto fosse già forte la personalità stilistica del giovane compositore: non è ancora svincolata dai tono marziali dei maestri Mozart e Haydn, ma la trasgressione compositiva che ne traspare mostra l’avvio verso la piena autonomia del genio.
Leonardo Sini, giovane direttore trentenne, primo premio al prestigioso Concorso Internazionale di direzione d’orchestra “Maestro Solti” ( applaudito di recente, al Festival di Nervi ne Le creature di Prometeo, altra serata beethoveniana),ha diretto il primo concerto con mano sicura e con gesto sobrio e convincente: due trentenni, Compositore e Maestro, che offrono un allineamento, forse non casuale… delle rispettive eccellenze.
Il Maestro Sini dirigerà anche il secondo concerto, martedì 15 settembre ore 20, ugualmente dedicato alle opere orchestrali beethoveniane meno note ed eseguite. Proprio due grandi ouvertures aprono il programma della serata: quella da Le creature di Prometeo, op. 43a, variopinta e trascinante, e quella da Egmont, op. 84, più drammatica e tesa. Conclude la Sinfonia n. 2 in Re maggiore, op. 36, progettata intorno ai trent’anni. Un’opera carica di energia e attraversata da un senso generale di serenità, composta nella chiesa di Heiligenstadt, nel periodo in cui Beethoven cominciò a manifestare i primi sintomi di sordità, 1802.Elisa Prato