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Carlo Felice, Il cappello di paglia di Firenze diverte e convince

Carlo Felice, Il cappello di paglia di Firenze diverte e convince
Il Cappello di paglia di Firenze

ll cappello di paglia di Firenze di Nino Rota, in scena da venerdi 13 dicembre al Teatro Carlo Felice per la regia di  Damiano Michieletto, ha riscosso un’ottimo successo di pubblico e di critica.

Lo scenografo Paolo Fantin ha proposto una scena moderna e lineare, poco arredata, mobile, ravvivata dalle luci. Per quanto la scrivente preferisca una scenografia attinente al periodo in cui la trama si svolge, specie per uno spettacolo quasi ottantenne, bisogna riconoscere che l’ambientazione è stata azzeccata in quanto ha consentito al pubblico di concentrarsi sull’azione molto movimentata e sulla bella musica vivace, uno splendido bouquet di memorie rossiniane e pucciniane. Le porte che si aprono e si chiudono in continuazione sono l’elemento chiave della scena e dell’azione.

Un’opera piacevole, molto simile ad un’operetta, di livello superiore, però, per il tocco francese che la pervade: d’altra parte il soggetto è stato preso da una commedia di Eugène Labiche, andata in scena a Parigi nel 1851, Un chapeau de paille d’Italie.

La trama inizia dalle disavventure  dell’impaziente promesso sposo Fadinard: mentre sta raggiungendo  la sposa Elena in calesse, il suo cavallo mangia il cappello di paglia appeso ad un cespuglio che nasconde l’incontro amoroso fedifrago di una signora con un tenente. La donna e il suo bellicoso amante inseguono lo sventurato pretendendo un cappello uguale a quello mangiato dal cavallo, pena la sfida a duello minacciata dal militare al povero sposo.

Fadinard si trova pertanto a cercare in tutta la città un cappello simile a quello della signora: il suo convulso affacendarsi dà origine ad una serie di accadimenti ed  equivoci più o meno probabili. Per giunta lo sposo è costantemente tallonato dal corteo degli invitati che vagano alla ricerca della casa dove si svolge il ricevimento di nozze, nonchè da un suocero che sarebbe felice di vedere le nozze andare in fumo.

Lo spettacolo appare anche un pretesto per mostrare l’ipocrisia e l’inconsistenza di una borghesia i cui valori sono fondati sull’apparire: a cominciare dalle bugie  dei due amanti che negano l’evidenza, a quelle dello sposo alla sua promessa, dalla stessa sposina che finge di non capire le menzognette sulle sparizioni dello sposo, a finire dal suocero   che tenta di liberarsi in extremis del genero sperando di scoprirlo con altra donna, alla processione di parenti “obbligati ” tanto da non conoscere  il domicilio degli sposi. Tutti corrono da qualche parte o dietro a qualcosa.

L’azione non manca di spunti sempre divertenti, come un atteso musicista che spunta dalla platea, un marito tradito che risponde di non esserci a chi bussa alla porta, alla gag delle scarpe strette del suocero. O simpatici come il dolce cagnolino che alla fine  si gode scodinzolando gli applausi del pubblico.

Dieci e lode all’esecuzione dell’orchestra diretta dal maestro Giampaolo Bisanti. Interpreti brillanti e da applausi non solo per l’ottima resa artistica ma anche per la presenza scenica e per destreggiarsi perfettamente nella dinamica dell’azione, tra cui il credibilissimo Marco Ciaponi per Fadinard e la brava Benedetta Torre nei panni di Elena, Nicola Ulivieri nella parte del suocero.

Lo spettacolo resta al Carlo Felice ancora martedi 17 ; da non perdere. ELISA PRATO