Ha debuttato venerdi 25 novembre al Teatro Opera Carlo Felice una deliziosa Cenerentola, giocosa, frizzante, movimentata, godibile fino all’ultimo istante, come del resto ci si aspetta da quel geniaccio di Rossini, sempre convincente anche quando costretto a scrivere con rapidità.
Il Barbiere di Siviglia è forse l’opera buffa di Rossini più teatrale, L’Italiana in Algeri la più comica: ma La Cenerentola possiede dei momenti di poesia e di bellezza musicale impareggiabili e forse non a caso rappresenta il congedo del compositore dal periodo buffo, che comunque gli ha assicurato l’immortalità.
Il librettista Jacopo Ferretti racconta che, con Rossini, cercarono per ore un soggetto per il Teatro Valle di Roma, da rappresentarsi a poco più di un mese, poichè l’intervento della censura aveva bocciato quello in precedenza presentato.
E quando un assonnato Ferretti propose “Cendrillon ?” Rossini, che cercava la concentrazione disteso sul letto, di colpo si risvegliò: e fu così che il melodramma giocoso “La Cenerentola” andò in scena a tempo di record il 25 gennaio 1817. La prima non fu un grande successo,forse dovuto all’esecuzione scadente, ma, dopo un paio d’anni di rappresentazioni alla Scala e in altre città italiane, l’opera guadagnò una fama paragonabile a quella de “Il Barbiere”.
Rossini prende spunto da una fiaba, ma non è uomo da fiabe, è piuttosto un realista, un amico della naturalezza e della spontaneità, come egli stesso amava definirsi.Dunque niente fate, topolini, zucche, scarpette di cristallo. Il testo, discostandosi dalla fiaba di Perrault, sostituisce la matrigna con un patrigno, Don Magnifico, mentre al posto della buona fata subentra il saggio Alidoro.
La trama si svolge sulla traccia della classica commedia degli inganni, a cominciare da Alidoro, che si presenta come un mendicante (tanto per tastare la bontà del cuore delle fanciulle di casa ), proseguendo con la sostituzione voluta dal principe Ramiro, per meglio valutare la situazione, di se stesso con il suo scudiero Dandini.
Angelina, ovvero Cenerentola, è sempre vittima delle angherie del padre e delle sorellastre, ma stavolta il principe si presenta come un servo e lo scudiero come il principe: il cuore ignaro di Cenerentola batterà per il falso scudiero, mentre Don Magnifico e le sorellastre Clorinda e Tisbe corteggeranno quello che ritengono il principe, cioè Dandini.
Come già nel Barbiere, che è del 1816, anche in quest’opera, nonostante appartenga sempre al genere buffo, compare una caratterististica costante in Rossini e presa dal genere “serio”: l’accentuata penetrazione psicologica dei personaggi.
E così vediamo una Cenerentola di buona indole, consapevole della sua condizione di umiliata ma mai pretenziosa e sempre speranzosa, in cuor suo, di cambiare la sua vita: la ripetuta canzoncina iniziale la dice lunga (Una volta c’era un re…alla fine scelse per sè l’innocenza, la bontà). Una Cenerentola che risponde sempre con la bontà alle vessazioni ma che acquista man mano consapevolezza della felice direzione della propria sorte.
Un principe Ramiro, giovane ma già ben indirizzato nei sentimenti, che cerca la sua ” bellissima” sapendo di doversi sposare ad ogni costo (Sposarsi e non amar!), ma deciso a superare la legge tiranna che ancora condanna spesso i regnanti a sposarsi senza amore, a valutare personalmente le candidate con il trucco di fingersi servo.
Un padre padrone, don Magnifico, che non stima le figlie ma le utilizza spingendole verso il sognato matrimonio principesco con le arti formali della seduzione, ma che alla fine, salvate le finanze in rovina tramite il matrimonio e la magnanimità della figliastra, con veloce opportunismo si fa paladino della virtù e della bontà.
Uno scudiero che, investito del titolo di principe per una volta in vita sua, interpreta la parte con grande convinzione. Due sorellastre prive di grazia, banali nel loro infantilismo, sfortunate più che cattive, complice un'”educazione” che le ha rese artificialmente stupide. Ognuno di questi personaggi ha un sogno e l’angoscia segreta che vada in fumo.
L’incantevole e semplice scenografia di Luzzati, sostenitore del teatro ” senza soldi” che incrementa la creatività, con una riposante parete verde sullo sfondo e con piante verdi mobili e fisse durante lo svolgimento, sembra completare il filo conduttore della rappresentazione ed invitare alla serenità, verso un finale scontato. Da ammirare anche gli interni e i bei costumi.
Impeccabile la direzione dell’orchestra del maestro Minasi: belli i pezzi di insieme che chiudono alcune scene, toccante l’incontro di Angelina con Ramiro. Sempre presenti, anche se meno usate, le acrobazie astute di Rossini tra parole e musica con la corrispondenza delle note alle sillabe.
Assolutamente degni degli scroscianti applausi tutti i cantanti, dalla spendida Cenerentola -Hongni Wu al convincente Dandini- Roberto De Candia. Un particolare plauso al talento comico delle sorellastre Giorgia Rotolo e Carlotta Vichi, che spesso sottolineano con buffi movimenti del corpo i ritmi della musica.
La Cenerentola sarà in scena fino a domenica 4 dicembre, da vedere. ELISA PRATO