Fabio Luisi, direttore onorario dell’Opera Carlo Felice Genova, dirigerà giovedi 5 gennaio alle ore 20, un concerto dedicato ad Anton Bruckner con in programma la Sinfonia n. 8 in do minore (Urfassung – 1887), nell’ambito del ciclo pluriennale dedicato al compositore austriaco.
L’Ottava è probabilmente l’opera più complessa e matura di Bruckner, alla quale nel tempo fece diverse modifiche, sostituendo il finale del primo movimento, accorciando il movimento lento ed altre: Luisi ne propone la prima versione (Urfassung, 1984-87) come la pensò e pubblicò Bruckner originariamente, dove l’architettura del movimento lento è formalmente la migliore.
La sinfonia va considerata, insieme all’incompiuta Nona, il testamento spirituale dell’autore.
Interessante il fatto che il concerto viene proposto mentre è in scena, per la stagione operistica, Die Fledermaus di Johann Strauss: i due compositori sono dello stesso periodo e sono aspetti complementari dello stile viennese in quanto Strauss usa con i suoi grandi valzer e in forma diversa tutti gli stilemi di Bruckner.
Nel 1956, sessantesimo anniversario della morte del compositore, fu fondata proprio qui a Genova la prima società italiana aderente alla Internationale Bruckner Gesellschaft di Vienna.
Fu l’inizio di un lento percorso di avvicinamento del pubblico italiano all’arte di Bruckner che oggi, grazie anche all’apostolato di interpreti come Giulini e Abbado, e poi Chailly, Gatti, Luisi, può dirsi pressoché compiuto.
Nel mondo latino il musicista di Ansfelden, provincia di Linz, non è venerato come nei paesi di lingua tedesca. Troppo densa, granitica e dotta è la sua scrittura, seppur non priva di quella luce e quell’aria mediterranea che i menzionati direttori sono andati man mano rivelando.
Ma oggi un’opera fluviale, gigantesca, immensa come la Sinfonia n.8 in do minore non incute più il timore di una volta, quando solo Quarta e Settima apparivano nei nostri programmi da concerto, complice la confidenza che veniva agli ascoltatori dall’essere sfruttate nelle colonne sonore di pellicole cinematografiche di qualità. Dell’Ottava colpiscono due aspetti più di altri.
Il primo consiste nella sua natura di contenitore dei frutti più maturi del lungo percorso sinfonico snodatosi nelle Sinfonie precedenti.
Vi si ritrovano cioè, ma a un grado di più matura compiutezza, il lessico, le forme, persino gli stilemi cari al compositore (le esposizioni a tre temi, la figura ritmica 2+3, le progressioni armoniche dei tempi lenti).
Il secondo è che vi si intravvede al contempo il superamento dell’attitudine romantica che tal lessico, forme e stilemi aveva generato, nella direzione di un prosciugamento (paradossale il termine in un’opera di quasi 90 minuti) che sembra presentire le avvisaglie dell’Espressionismo.
Documentano ad esempio la dissolvenza (inedita per Bruckner) che conclude il primo tempo, il rarefatto naturalismo dello Scherzo (vi si tratteggia non senza ironia Der deutsche Michel, ovvero il prototipo dell’individuo tedesco onesto e corrivo), la dilaniata cupezza del sontuoso Adagio, le scheggiature arcaizzanti del Finale, che “asciugano” la retorica delle pittoresche fanfare apparse in principio.
Se il gigantismo dell’Ottava si debba al suo essere summa del sinfonismo bruckneriano o alla prolificazione di varianti tematiche prodotte dall’inarrivabile dottrina contrappuntistica di lui, è invece difficile dire. ELI/P.