Home Spettacolo Spettacolo Genova

Carlo Felice, un rinnovato Barbiere di Siviglia diverte ed entusiasma

Il Barbiere di Siviglia al Carlo Felice (Foto: Marcello Orselli)

Applausi entusiasti alla prima de “Il Barbiere di Siviglia”; l’attesa e l’eccitazione del folto pubblico era palpabile fin dall’ingresso.

La stagione lirica del Carlo Felice si conclude, secondo la tradizione, con un’opera interpretata dai giovani allievi dell’Accademia di alto  perfezionamento ed inserimento professionale diretta da Francesco Meli.

La versione oggi proposta dal regista   Damiano Michieletto, ripresa da Andrea Bernard, è arricchita da molte trovate.

Nella ouverture una voce annuncia  un treno in partenza da Genova a Siviglia su cui salgono i personaggi, per poi tornare poco prima del  finale.

Il coro è nella buca con l’orchestra: sul palcoscenico solo sedie rosse, cuscini, ombrelli, a rappresentare di volta in volta le varie situazioni; un gruppo di mimi  commenta lo svolgimento e  veste i panni dei soldati mascherati.

Il finale è reso ancora più giocoso da un pallone bianco  che rimbalza nella buca dell’ orchestra.

I giovani cantanti sono stati del tutto all’altezza  delle parti, la resa della presenza scenica è stata buona,  la loro preparazione vocale ha retto magnificamente offrendo una spettacolo divertente e di qualità con cui i ragazzi hanno saputo dar vita alle maschere sceniche.

Maschere, certo, perchè è lo stesso regista ad affermare che le maschere della commedia dell’arte diventano i personaggi, non tanto nei costumi quanto nell’impostazione del gioco teatrale

Paolo Nevi è stato un credibile Almaviva, Greta Carlino  una piccante e determinata Rosina, Carlo Sgura un malizioso Figaro, Davide Sabatino ha fornito un ottimo don Basilio (anche nel destrggiarsi con la coda del costume verde… ), Giampiero Delle Grazie un don Bartolo quasi patetico; bene anche  Gabriella Ingenito (Berta), Ernesto De Nittis (Fiorello) e Angelo Parisi (un ufficiale).

Il sagace osservatore d’arte teatrale Silvio d’Amico sostiene che quest’opera condivide con la musica l’intrigo, l’ironia, la psicologia, la tenerezza, la beffa, l’amore, la nostalgia: è la commedia simbolo del fiume di gioia con il quale Rossini, mentre si apriva l’Ottocento, aveva inondato Italia ed Europa con l’incanto e la malleabilità delle note, con le quali avrebbe potuto, come lui stesso dichiarava, musicare anche la lista del bucato.

Una Bibbia dell’opera buffa ma anche dell’opera tout court. Si coglie in Rossini una  geniale astuzia musicale di coordinamento tra parole e musica, ogni nota corrisponde ad una sillaba, il canto è inframmezzato dal parlato, il libretto frizzante e comprensibile: si appaga qualunque tipo di ascoltatore, dall’intellettuale all’inesperto di musica, dal giovane al meno giovane. Un genio che è riuscito a farsi amare anche da cultori e compositori di altri generi.

L’azione è sempre centrata sui temperamenti dei personaggi. Se c’è al mondo un soggetto conosciuto qual ventaglio di tipologie umane questo è il Barbiere: Figaro, Bartolo, Rosina, Almaviva, Basilio, sono archetipi così noti, così eterni da eguagliare le maschere della commedia antica.

L’opera raccoglie tutti gli elementi chiave dell’opera buffa settecentesca, equivoci, inganni, falsi messaggi, travestimenti: l’utilizzazione ironica degli stessi  la rende del tutto attuale poiché il dramma, se c’è, resta in superficie ed è un pretesto per arrivare al felice finale da subito intuito dal pubblico.

Figaro riassume le caratteristiche dei domestici astuti e di tutta quella razza di valletti bricconi che mettono la loro furbizia al servizio dei  padroni, nonché della propria… tasca.

Se Figaro conduce, Rosina non è di certo meno incisiva: la fanciulla si definisce  docile, adorabile e rispettosa, ma in realtà è realista, poco suggestionabile e ben decisa a realizzare i propri sogni combattendo con astuzia e trappole coloro che li contrastano.

Don Bartolo rappresenta una nota figura di anziano avido di giovinezza e di dote, la figura più buffa, che teme e fiuta sempre l’inganno ma non riesce a svelarlo: alla fine però gli rimane almeno la dote, rifiutata da Almaviva e una pupilla ben sistemata.

Don Basilio, religioso ipocrita e voltagabbana, che ci offre un memorabile “trattatello” sulla calunnia e i suoi effetti lenti e sicuri, sembra rappresentare il bersaglio del credo anticlericale d Rossini.

Il conte di Almaviva procede sicuro, con  l’autostima ben fortificata dallo status sociale, ma tuttavia voglioso di conoscere, prima di rivelarsi, se i sentimenti della fanciulla siano sinceri.

La giocosità e l’andamento frizzante dell’ opera può far sottovalutare, ed è un peccato, la  storia d’amore: in effetti L’Autore non è tanto interessato ai sentimenti quanto ai meccanismi che portano alla conclusione del matrimonio.

Alla fine si rivela il cinismo di Rossini: a  vincere sono le ricchezze  e lo status sociale.

Il direttore dell’orchestra Giancarlo Andretta  ha proposto un andamento tanto vivace quanto garbato, assolutamente in sintonia con quanto avveniva sul palco, sottolineando   l’immedesimazione dei giovani artisti nei personaggi, tanto più valida in quanto la velocità della musica ed i crescendi rossiniani, impegnativi dal punto di vista vocale, non aiutano certo gli interpreti.

Il Barbiere resta al Carlo Felice fino a giovedi 20 giugno. ELISA PRATO