“Io so che mio fratello mi ha detto che Matteo Cozzani (capo di gabinetto di Toti, ndr) diceva che al porto gli arrivavano sempre richieste di persone che potessero lavorare perché avevano sempre bisogno. Allora mio fratello gli ha dato due o tre curriculum per vedere se potevano fare qualcosa”.
E’ la sintesi delle dichiarazioni del riesino Arturo Angelo Testa, interrogato oggi dalla gip genovese Paola Faggioni e dal pm Federico Manotti, che ha negato il presunto “voto di scambio” perché “nessuno ha garantito niente e nessuno ha promesso niente” spiegando pure che la loro era “un’attività politica per passione”.
L’indagato, insieme al fratello gemello Italo Maurizio Testa, dallo scorso 7 maggio è stato sottoposto all’obbligo di dimora nell’ambito della maxi inchiesta su corruzione elettorale che ha portato agli arresti domiciliari il governatore ligure Giovanni Toti e il suo capo di gabinetto, l’ex sindaco di Portovenere Matteo Cozzani.
I due fratelli siciliani, a seguito dell’iscrizione nel registro degli indagati, sono stati sospesi da Forza Italia.
“Se davamo l’aiuto a qualcuno – avrebbe spiegato Testa – magari può darsi che vinceva e si poteva avere qualche lavoro per qualcuno dei riesini disoccupati, ma nessuno ha garantito niente”.
Per gli inquirenti, i fratelli siciliani avrebbero portato i voti degli appartenenti alla comunità riesina, che sarebbe legata al clan Cammarata di Cosa Nostra, in cambio di lavori.
Inizialmente, secondo quanto emerso, doveva essere lui il candidato alle elezioni regionali del 2020, ma venne poi sostituito dal genovese Stefano Anzalone (indagato ma senza l’aggravante mafiosa) che poi è stato eletto in consiglio regionale e di recente è confluito nel gruppo Misto.
“Ci pagò vitto e alloggio per fare campagna elettorale. Campagne elettorali che facciamo da 50 anni, anche in Belgio e Germania” ha aggiunto Testa, che avrebbe inoltre ammesso di avere saputo dal consigliere comunale Umberto Lo Grasso (indagato per favoreggiamento) che c’era un’indagine e di non parlare al telefono: “ma chi non ha nulla da nascondere non deve temere nulla”.
Dopo il successo elettorale, i due fratelli riesini avrebbero incontrato Cozzani a Palazzo Ducale e il fratello gli avrebbe consegnato due curriculum di amici.
C’è poi il passaggio sull’ex assessora regionale e attuale deputata genovese Ilaria Cavo (Lista Toti-Noi Moderati) che non risulta indagata.
“L’abbiamo incontrata nel 2019 – avrebbe dichiarato Testa – molto probabilmente me l’ha presentata l’onorevole Alessandro Sorte (Forza Italia, ndr). A quell’incontro ci siamo detti se nel caso fosse stata candidata che potevamo dare una mano”.
Nel corso dell’interrogatorio gli inquirenti avrebbero fatto presente a Testa che Ilaria Cavo ha confermato, durante la sua deposizione, che i due fratelli le avevano chiesto le spese di vitto e alloggio e posti di lavoro per alcuni amici riesini.
“Sulle spese è ovvio, mica ci possiamo rimettere. Ma il fatto di chiedere posti di lavoro no” avrebbe risposto Testa.
Sarebbe stato questo il motivo per cui i fratelli siciliani non sarebbero poi andati d’accordo con Ilaria Cavo. “Magari lei è abituata a fare le cose aggratis. Però noi lì, quantomeno, non ci vogliamo perdere” avrebbe puntualizzato Testa ai magistrati.