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Caso Toti, legale difensore: da giudici Riesame termini inquisitori

Stefano Savi, legale difensore del governatore ligure Giovanni Toti

“Ciò che può rilevare nel nostro sistema e in particolar modo in una fase, quale quella delle indagini, ove comunque si deve considerare la presunzione di innocenza quale irrinunciabile punto di riferimento, è nell’oggettività del fatto e nella rilevanza della dichiarazione, non già nelle ragioni alla base del gesto resipiscente che non vanno e non possono essere indagate”.

E’ quanto ha riferito ieri l’avvocato Stefano Savi, legale difensore di Giovanni Toti, nel ricorso rivolto alla Corte di Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Genova dell’11 luglio scorso, con la quale è stato rigettato l’appello già proposto contro la decisione del gip di Genova Paola Faggioni che aveva respinto la richiesta di revoca, sostituzione o modifica della misura cautelare degli arresti domiciliari per il governatore ligure.

Toti è rinchiuso da martedì 7 maggio nella villetta di famiglia ad Ameglia per una presunta corruzione elettorale.

L’avvocato Savi contesta la lettura data dall’ordinanza del Riesame alla dichiarazione, allegata all’interrogatorio e contenuta nell’istanza di revoca, “con la quale Giovanni Toti, avendo compreso il contenuto delle accuse mosse a suo carico, si impegna a non svolgere per il futuro la propria attività politica ed istituzionale nei termini contestati”.

Per i giudici si ravvisava una contraddizione “tra la professata ‘consapevolezza’ di Toti e il suo atteggiamento di rivendicazione di avere agito sempre nell’interesse pubblico”, mentre l’avvocato Savi sottolinea come il passaggio sia “connotato da una visione assolutamente criticabile sotto il profilo giuridico e pregna di una malcelata considerazione del diritto processuale penale in termini squisitamente inquisitori”.

“Diversamente, si ricadrebbe in una visione etica del diritto penale, riflesso di una concezione totalitaria per la quale unico rilievo è rivestito dalla effettiva presa d’atto dell’illiceità del proprio agire (confessione) e dalla conseguente adesione acritica al sistema valoriale e morale (pentimento)” ha spiegato ancora l’avvocato Savi.