I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, su mandato della procura genovese, ieri hanno notificato agli indagati l’atto di chiusura delle indagini preliminari inerenti il traffico di rifiuti speciali pericolosi (ceneri derivanti dall’abbattimento dei fumi) prodotti e venduti dal 2013 al 2018 dalla fonderia di Voltri “S. Erasmo Zinkal srl”.
Ripercorrendo le principali tappe delle indagini, nel corso di approfondite indagini derivanti da un controllo effettuato con ARPAL presso l’azienda genovese, gli investigatori del NOE hanno accertato che le ceneri, derivanti dal doppio sistema di abbattimento dei fumi in uscita dai forni fusori, invece di essere classificate come rifiuti pericolosi con codice CER 10.05.05 (rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi), sono state dapprima classificate come rifiuti non pericolosi con codice CER 10.05.04 (altre polveri e particolato) e, a partire dal giugno 2017, gestite addirittura come sottoprodotti.
Le analisi condotte da ARPAL sulle ceneri hanno anche rilevato elevati valori di diossine non dichiarate dal produttore che, mandando a recupero detti rifiuti come non pericolosi, ha violato anche il Regolamento 850/2004/CE sulla distruzione dei rifiuti contenenti diossina.
Tale gestione, sempre secondo gli inquirenti, ha consentito di evitare i costi di smaltimento e conseguentemente di trarre, in aggiunta, ingiusti profitti dalla vendita di tali materiali.
E’ stato quindi accertato che centinaia di tonnellate di detti rifiuti sono stati avviati a recupero presso impianti dell’Unione Europea e di Paesi extra europei, in violazione del Regolamento 1013/2006/CE sul trasporto dei rifiuti transfrontalieri, quali Germania, Polonia, Belgio, Austria, Paesi Bassi, Turchia, Stati Uniti, Giappone.
La condotta sarebbe stata agevolata dal dirigente del settore Ambiente della Città Metropolitana di Genova il quale, pur a conoscenza della natura dei rifiuti, avrebbe consentito con autorizzazione integrata ambientale la gestione dei rifiuti illecitamente classificati e, anche di fronte alle evidenze analitiche circa il contenuto di diossine, non avrebbe adottato i necessari provvedimenti amministrativi.
La ricostruzione dei fatti ha portato ad ipotizzare a carico dei vertici aziendali e dei componenti dell’organismo di vigilanza, in concorso con il dirigente della Città Metropolitana di Genova, un traffico illecito di rifiuti pericolosi mettendo in luce anche la responsabilità amministrativa della società (art. 25 undecies del d.lgs 231/2001).
Nel complesso, sono state indagate 6 persone ed attribuita la responsabilità amministrativa all’ente locale.
Nel corso dell’indagine, durata circa un anno e condotta sia con metodologia tradizionale che con attività tecnica, sono stati sequestrati preventivamente i forni della società (successivamente restituiti) e il presunto illecito profitto conseguito dal 2013 al 2018 ammontante a circa 3 milioni di euro.
E’ la prima volta nel capoluogo ligure che si procede ad un sequestro preventivo di così ingente valore derivante da traffico di rifiuti e responsabilità amministrativa dell’ente locale.