I pescatori stagionali sono una delle categorie dimenticate dai decreti Conte sull’emergenza coronavirus.
Lo hanno riferito oggi i responsabili di Flai Cgil di Genova, categoria sindacale che segue alimentaristi, agricoltori, panettieri e anche pescatori.
“Il caso di partenza riguarda un gruppo di circa 35 persone assunte (come tutti gli anni) dal 15 marzo alla fine di settembre per la pesca alla lampara delle acciughe con contratto a termine per il personale dipendente imbarcato su natanti di cooperative di pesca marittima.
La pesca con la lampara dell’acciuga è attuata a Sestri Levante, a Genova, alla Spezia, a Piombino e in Sicilia.
L’età media dei lavoratori è attorno ai 40-45 anni, ma ci sono anche persone di 30 e di quasi 60 anni che oggi hanno il problema reale di arrivare a fine mese. In media ci sono 12 pescatori per barca.
L’attività è stata sospesa perché gli armatori non hanno potuto imbarcare i pescatori: a bordo dei battelli non possono essere rispettate le norme di distanza interpersonale previste dal Protocollo emanato in relazione al Covid19.
Per noi l’applicazione del Protocollo sulla sicurezza deve essere garantita scrupolosamente per tutti i lavoratori.
Per tutti i pescatori stagionali, si apre però un problema molto grave: sono senza lavoro ma, a differenza di altre categorie di lavoratori, sono anche senza coperture del cosiddetto decreto Cura Italia, che quindi ha dimenticato, tra gli altri, quelli come loro”.
Flai Genova ha interessato la segreteria nazionale della categoria che si sta attivando per “porre l’attenzione su questo clamoroso vuoto normativo”.
Il decreto per esempio prevede già che ad alcuni lavoratori dipendenti stagionali (turismo, stabilimenti termali, agricoltura) per marzo sia riconosciuta un’indennità di 600 euro, erogata dall’Inps.
“Anche i pescatori stagionali lasciati a riva – hanno aggiunto dal sindacato – devono trovare una soluzione, anche se parziale, al problema di riuscire a sopravvivere”.