Ermanno Cristin “il bisontino” blucerchiato, se ne è andato giovedì notte all’eta di 74 anni dopo una lunga malattia.
Non vogliamo ripercorrere, in queste poche righe di ricordo, la sua carriera snocciolando solamente i numeri delle presenze ed i goal nella Sampdoria ma anche negli altri club per cui ha vestito la casacca nella sua carriera, bensì ricordare perché ha lasciato un segno così profondo in una Sampdoria che non lottava per vincere ma solo per la salvezza nella massima serie.
Per chi è tifoso sampdoriano, ma per questioni anagrafiche, non ha mai potuto veder giocare sul campo con la vecchia maglia blucerchiata di lanetta come usava a cavallo tra anni sessanta e settanta, il primo contatto con Ermanno Cristin è una foto, non una foto qualunque, ma bensì una foto simbolo scattata il lontano otto maggio 1966 a bordo campo dello stadio Flaminio.
Una foto tristemente famosa nella storia della Sampdoria che nella sua fissità ha mandato ai posteri l’atterramento del portiere laziale Gori ai danni dell’attacante di origini friulane, per un rigore talmente palese che però non gli fu mai concesso e che nell’economia di quel campionato pesò terribilmente assieme alle reti juventine dell’ultima giornata di Cinesinho e Menichelli al Comunale di Torino decretando la prima retrocessione tra i cadetti nell’allora giovane storia blucerchiata.
Da quella foto, simbolo di un’ingiustizia subita, si imparava a conoscere chi era il protagonista di quello scatto per la Sampdoria: Ermanno Cristin, una foto che perfino Paolo Mantovani trasformò in gigantografia e che volle all’entrata della Sede blucerchiata sita allora in Via XX Settembre, come monito per tutte le ingiustizie passate impunemente in giudicato e per quelle future.
Ma la carriera calcistica blucerchiata di Ermanno Cristin, non è racchiusa ovviamente solo in quella foto, per quella tifoseria con parecchi anni di Sampdoria sulle spalle e che in quel periodo erano giovani adolescenti che iniziavano a fare le prime scelte importanti come ad esempio per che squadra tifare, ne hanno potuto ammirare le gesta sportive ed eleggerlo a simbolo di quella Sampdoria, assieme a un’altra icona di nome Giancarlo Salvi, che purtroppo ci ha lasciato qualche anno fa, protagonisti insieme di tanti campionati il cui massimo traguardo era raggiungere la salvezza, in quelle primavere dove la squadra blucerchiata innestava la marcia e dopo il letargo dei mesi invernali, iniziava la sua lunga volata per raggiungere l’agognata sopravvivenza nel cruciale mese di maggio delle ultime giornate di campionato.
Era quella Sampdoria “povera ma bella”, per definizione propria, e per i suoi campionati disputati attraverso una Società che doveva fare i conti con il bilancio per garantirsi la serie A con dignità, cedendo ogni anno il giovane più promettente di turno come accadde ad esempio per Morini, Benetti e Vieri senior e poi ancora Boni e Sabadini, mentre la vecchia guardia dei Battara, Lippi, Arnuzzo, Salvi e Cristin restavano all’ombra della Lanterna con l’obbiettivo di garantire alla Sampdoria la salvezza.
Cristin è stato proprio uno dei protagonisti di quelle faticose domeniche, senz’altro uno dei più amati dalla tifoseria blucerchiata di quel tempo, nonostante la cocente ed ingiusta retrocessione sul campo che abbiamo raccontato per sommi capi, ma anche punto fermo del pronto riscatto nel successivo torneo cadetto del 1966/1967 disputato assieme a Genoa ed al Savona di un certo Pierino Prati, riconquistando immediatamente la serie A dopo un solo anno di permanenza, e poi come dicevamo le tante salvezze ottenute, qualche volta in anticipo di qualche giornata, il più delle volte in maniera rocambolesca negli ultimi minuti di partita, e quando non bastava per differenza reti oppure per qualche squadra retrocessa di ufficio perché accusata di combine o illecito sportivo.
Cristin ha vissuto l’epoca d’oro del centravanti come ruolo definito per antonomasia o centroattacco come lo si definiva nelle origini del “football”, basti pensare alla perfetta incarnazione che ne dava in quel ruolo nei suoi stessi anni quel fenomeno chiamato Gigi Riva in quel di Cagliari; bisognava essere fisicamente prestante e potente, magari non tecnicamente eccelso e Cristin aveva quelle caratteristiche, il classico gigante buono, ben voluto dai compagni di squadra, e le testimonianze commosse di Marcello Lippi, Domenico Arnuzzo, Loris Boni e di un allora giovane Enrico Nicolini sono lì a dimostrarlo, in un calcio non ancora divinizzato come quello odierno, ma fatto di quelle piccole cose che poteva essere la figurina Panini, dove il nostro Cristin compariva nel classico mezzo busto in maglia blucerchiata, oppure nelle vecchie foto dove è ritratto il friulano di San Giorgio di Nogaro: un tiro che diventerà goal importante per una vittoria storica sulla Juventus, o l’abbraccio assieme all’eterno Salvi all’uscita dal campo del Ferraris pieni di fango, insomma è un pezzo di Sampdoria che va per sempre nell’album di quei ricordi, che oggi potenza del web, grazie ad alcuni filmati d’epoca saltati fuori dal nulla, sono lì per ricordarci ancora una volta perché “il bisontino” rimarrà per sempre nel cuore di tutti i sampdoriani e delle nuove generazioni a venire di cui sentiranno tramandare le gesta.
Andrea Pampo Rebolino