In numerose ricerche e pubblicazioni ho ricostruito le vicende che hanno portato Genova a essere una città turistica: un percorso lento, travagliato, non esente da difficoltà.
Negli anni Ottanta, un progetto per l’insediamento di Disneyland a Genova fu considerato una sorta di boutade.
I contrari, soprattutto sindacalisti e politici, temevano fra l’altro l’impoverimento professionale del personale che ne sarebbe conseguito e consideravano il progetto un affronto alla dignità della classe operaia che da circa un secolo caratterizzava la città.
Riccardo Garrone, patron della ERG, era stato un accanito sponsor del progetto. Nel 1984 una delegazione di Disneyland USA venne a Genova, accompagnata da Garrone, dal presidente del porto Roberto D’Alessandro, dal presidente della Regione Rinaldo Magnani e dal docente universitario Victor Uckmar.
A vantaggio di Genova gli americani valutavano la posizione cruciale e l’ottimo clima, ma si evidenziarono anche problemi logistici.
Successivamente fu presa anche in considerazione l’ipotesi di un’apertura nella provincia di Alessandria, in alternativa a Genova.
A fine anni Settanta in Italia esisteva solo Gardaland come parco per il tempo libero e i divertimenti di dimensione ragguardevole (per altro il suo boom avvenne solo successivamente).
Gli sponsor dell’iniziativa, Garrone e Uckmar soprattutto, che avevano mantenuto i contatti con gli ambienti economici californiani, erano convinti che per le Colombiane del 1992 i personaggi di Walt Disney avrebbero popolato Genova offrendo un’attrattiva turistica senza precedenti e concretizzando una svolta verso la città post industriale.
Tuttavia, ancora a fine anni Ottanta molti esponenti di sinistra si opponevano alla “Città dei camerieri”. Francesco Gastaldi (professore di Urbanistica all’Università Iuav di Venezia)