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Cold case Nada Cella, il fratello di Annalucia Cecere: potrebbe averla uccisa lei

Omicidio Nada Cella, dopo 25 anni una nuova indagine
Nada Cella (foto di repertorio fb)

Colpo di scena a margine del processo per l’omicidio di Nadia Cella, la giovane segretaria nel 1996 a Chiavari nello studio del commercialista Marco Soracco. Un colda case ancora aperto e un giallo mai risolto dalla Procura di Genova.

Al dibattimento in corso in Tribunale, riaperto di recente grazie anche a nuove presunte prove sul dna,  contro Annalucia Cecere, imputata per il delitto, oggi è stato sentito suo fratello Maurizio, il quale, parlando fuori dall’aula con i giornalisti, ha riferito: “Mia sorella potrebbe avere ucciso. Se viene contraddetta diventa di una cattiveria impressionante. Se Nada quel giorno le ha risposto male, magari ha cominciato a colpirla”.

Parole dure e pesanti come un macigno, che vanno a sposare la nuova tesi della pubblica accusa, secondo la quale l’omicida avrebbe ucciso per un raptus di gelosia Nada Cella.

In aula, lil fratello dell’imputata ha dichiarato altre cose, confermando che la sorella è una donna irascibile.

Maurizio ha spiegato che, dopo avere saputo che le indagini erano state riaperte e la sorella era coinvolta, ha cominciato a farle domande.

“Mi ha detto – ha affermato il fratello – che non era stata lei a ucciderla. Lei non voleva parlare al telefono, mi diceva che poteva essere intercettata e mi chiamava con telefoni non suoi. E’ sempre stata una donna irascibile, che si arrabbiava se la contraddicevi. Se ha sbagliato deve pagare”.

Prima di lui, i giudici hanno ascoltato la testimonianza di un ex fidanzato, Adelmo Roda.

“Era possessiva e gelosa – ha spiegato in aula – quando si arrabbiava era impossibile farla ragionare. Era esplosiva a livello di parole. Mia madre disse che dovevo lasciarla perché aveva un figlio. Ho continuato a vederla quando ci lasciammo, ci vedevamo al Dolce Vita a ballare. Io andavo con la mia comitiva, lei con la sua. L’ho vista anche con Marco Soracco. Quando sono state riaperte le indagini mi cercò. Continuava a farmi domande sulla nostra relazione. Continuava a dire che era finita dopo l’omicidio di Nada, ma in realtà era finita prima”.

Una delle prove andate perdute è un bottone di una giacca che l’imputata, secondo l’accusa, aveva perso sul luogo dell’omicidio.

Bottoni simili a quello trovato tra il sangue della vittima erano anche a casa della Cecere ma in seguito andarono perduti.

“Per quanto riguarda i bottoni – ha aggiunto l’ex fidanzato – sapevo che li aveva tolti dalla mia giacca perché le piacevano. Ma io quella giacca l’avevo ripresa quando era finita la nostra storia, quindi prima dell’omicidio”.

Sempre sui bottoni, è stato sentito un collezionista ed ex produttore, Stefano Cannara, che ha confermato che il bottone trovato sotto il corpo della segretaria era compatibile con quelli trovati a casa di Annalucia Cecere pochi giorni dopo il delitto, ma che erano anche “molto diffusi”.