Home Cronaca Cronaca Imperia

Cold case svedese: pizzaiolo 75enne condannato all’ergastolo dopo 29 anni

La 21enne di origine iraniana Sargonia Dankha

Cold case svedese. A quasi 30 anni dal presunto delitto i giudici della Corte d’Assise di Imperia ieri hanno condannato un pizzaiolo italiano, ormai 75enne, tornato a vivere dalla Svezia a Sanremo, accusato dell’omicidio della ex fidanzata iraniana che all’epoca aveva 21 anni.

Il pensionato, originario di San Sosti (Cosenza), ma da anni residente a Sanremo, è stato accusato accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi abbietti per avere ucciso Sargonia Dankha, 21 anni, di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita nel nulla nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995 a Linköping.

Il cadavere non fu mai trovato e le autorità svedesi decisero di non procedere per omicidio.

I parenti della giovane, successivamente, si rivolsero allora alle autorità giudiziarie italiane che riaprirono il caso.

Il dispositivo della sentenza è stato letto nel pomeriggio di ieri dopo due giorni di camera di consiglio dal presidente della Corte di Assise di Imperia Carlo Alberto Indellicati.

“E’ stata davvero una grande soddisfazione: per noi, per il nostro ufficio e mi piace dire, forse esagero, per l’Italia che ha saputo dare una risposta di giustizia dopo tanti anni a una famiglia colpita da un fatto gravissimo” ha riferito la pm Maria Paola Marrali all’uscita dell’aula del Tribunale di Imperia.

Nella requisitoria, citando una sentenza della Corte di Cassazione la pm aveva raccontato: “Non è morte accidentale altrimenti avremmo trovato il corpo, e allora è sicuramente una morte omicidiaria”.

Soddisfazione anche per il collega pm Matteo Giobbi: “Le speranze c’erano, però è evidente che nel corso di un processo e di un’indagine, ci sono tanti momenti in cui le cose possono andare bene o meno bene. L’importante è avere ben chiaro un obiettivo finale e noi pensavamo di averlo, senza nessun tipo di problema, nel dover andare avanti”.

“Siamo veramente molto contenti – ha sottolineato l’avvocato di parte civile Francesco Rubino – per noi e per la famiglia, che purtroppo non è riuscita a reggere alle emozioni di venerdì ed è tornata in Svezia. L’abbiamo già contattata e sono felicissimi, perché anche se questo processo non restituirà loro Sargonia, riusciranno però a mettere un punto a questa vicenda durata trent’anni. Eravamo convinti che la Corte avrebbe creduto alle nostre ricostruzioni e che ci fossero prove sufficienti. C’è stato il grandissimo lavoro degli investigatori della Polizia nel 1995, della Procura d’Imperia e poi il nostro, per fare aprire questo processo. E’ stato riconosciuto non solo che Aldobrandi ha commesso un omicidio, ma che l’ha commesso in circostanze particolari, cioè coi motivi abietti. Una costante relazione caratterizzata dal possesso e dall’ossessione, quello che ha determinato oggi l’ergastolo”.

La difesa di Aldobrandi, sostenuta dall’avvocato Fabrizio Cravero aveva chiesto l’audizione di altri testi e l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”, in subordine l'”esclusione della recidiva, l’insussistenza dell’aggravante contestata e la concessione delle attenuanti”.

All’esito della lettura del dispositivo il legale difensore ha annunciato che attenderà di conoscere le motivazioni per poi ricorrere in Appello.