Coldiretti, ddl cibo artificiale gli italiani sono prudenti, 3 su 4 sono addirittura contrari ad utilizzarli
Quando le incognite sono più dei dati certi, gli italiani scelgono la prudenza: è quanto dimostra un’indagine Coldiretti/Notosondaggi, che evidenzia come quasi 3 persone su 4 (74%) dicano no al cibo artificiale prodotto in laboratorio. “Gli effetti a lungo termine non si conoscono ancora,” commenta Bruno Rivarossa, Delegato Confederale di Coldiretti, “perciò non stupisce che gli italiani nutrano non poche perplessità”.
Sono diversi, infatti, i gruppi di potere finanziario e le multinazionali che stanno cercando di imporre sui mercati mondiali sia carne che pesce da laboratorio, denominandoli “cibo coltivato”.
Tale denominazione è stata ritenuta fuorviante sia da FAO che da OMS, che nel rapporto cofirmato hanno invece definito “cibo a base cellulare”. Anche media e studi accademici scelgono di usare un termine come “sintetico”, considerato più realistico e meno soggetto a confusione semantica.
L’indagine firmata Coldiretti/Notosondaggi è stata svolta in occasione dell’avvio alla Camera dell’esame del disegno di legge del Governo, già approvato con modifiche dal Senato, che introduce il divieto di produrre e commercializzare cibi a base cellulare per uso alimentare o per i mangimi animali. Si è voluto sottolineare il ruolo di responsabilità che investe l’Italia: “La parola che cerchiamo è una: cura.
L’Italia è sempre stata pioniera nella tutela della qualità e della sicurezza alimentare,” commentano Rivarossa e Gianluca Boeri, Presidente di Coldiretti Liguria. “Se l’ambiente che ci circonda e la sicurezza delle persone vengono messe a rischio da una tecnologia ancora troppo carica di incognite, la politica da attuare è una precauzione volta alla salvaguardia della salute del pianeta e dei consumatori.”
Coldiretti si impegna su tutta la linea: è anche grazie alla grande mobilitazione che ha portato alla raccolta di oltre 2 milioni di firme che il disegno di legge del Governo è stato possibile. Oltre 2 mila comuni si sono mossi a sostegno del provvedimento, molti dei quali con un voto all’unanimità. A loro si sono aggiunte regioni, esponenti di ogni schieramento, Ministri, Sottosegretari, Sindaci, Parlamentari nazionali ed europei.
“Un’alleanza di questo tipo si costruisce con una partecipazione di massa,” affermano Rivarossa e Boeri, “e quando si tratta di difendere non solo una tradizione, ma un’intera cultura, a schierarsi contro il cibo artificiale sono in molti.
” Anche tantissimi enti e associazioni si sono uniti al coro per reclamare la difesa della cultura del cibo di qualità e spingersi contro quello sintetico: Acli, AcliTerra, Adusbef, Altritalia Ambiente, Anpit, Asi, AssoBio, Centro Consumatori Italia, Cia, Cna, Città del Vino, Città dell’Olio, Codacons, Codici, Consulta Distretto del Cibo, Ctg, Coldiretti, Demeter, Ecofuturo, Ewa, Federbio, Federparchi, Fipe, Fondazione Qualivita, Fondazione Una, Fondazione UniVerde, Globe, Greenaccord, Gre, Italia Nostra, Kyoto Club, Lega Consumatori, Masci, Movimento Consumatori, Naturasi, Salesiani per il sociale, Slow food Italia, Unpli, Wilderness.
Nel rapporto FAO e OMS, inoltre, si è sottolineato come i pericoli potenziali per la salute, a partire dalle mere allergie fino ai tumori, sono risultati 53. “Un prodotto di questo tipo andrebbe considerato come un medicinale, il che significa sottoporlo a prove sperimentali di laboratorio per almeno dieci anni,” ribadisce Boeri.
Niente a che vedere con i novel food, quindi, ma un vero e proprio approccio farmaceutico è quanto suggeriscono le due Autorità mondiali e che Coldiretti ribadisce a gran voce. A chi ribatte che il cibo sintetico è già in uso in alcuni paesi, Coldiretti risponde sottolineando come in questi paesi, prima del consumo, venga obbligatoriamente imposto di compilare una liberatoria da firmare per prendersi la responsabilità sulle eventuali conseguenze sulla salute.
Infine, a preoccupare sono anche i potenziali rischi ambientali. Uno studio svolto dall’Università della California, con a capo del progetto Derrick Risner, ha evidenziato che il potenziale di riscaldamento globale della carne artificiale definito in equivalenti di anidride carbonica emessi per ogni chilogrammo prodotto è da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale.
Rivarossa e Boeri concludono con una provocazione: “Insomma, il giorno che serviranno in tavola un alimento non sicuro da contaminazioni microbiche, a rischio di trasmissioni di malattie e infezioni, prodotto con componenti come fattori della crescita e ormoni – gli stessi che negli allevamenti europei sono vietati da quarant’anni – ci guarderemo tutti negli occhi e ci chiederemo: chi comincia?”