Ordinanza per fermare la Peste Suina in Italia. Coldiretti: importante intervenire al più presto per continuare a lavorare in sicurezza
Ordinanza per fermare la Peste Suina in Italia. Coldiretti: “Firmata l’ordinanza per fermare la Peste Suina, con l’adozione del provvedimento per continuare a lavorare in sicurezza fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni”.
Lo afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Liguria e Piemonte ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.
Il provvedimento prevede il divieto di ogni attività venatoria, salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona individuata come infetta, ossia 114 Comuni di cui 36 in Liguria e 78 in Piemonte, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta; sono vietate anche la raccolta di funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti.
E’ essenziale agire anche per tutelare gli interessi economici connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati: sono già state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy.
Le esportazioni di carni suine e derivati Made in Italy ammontano complessivamente nel mondo a 1,7 miliardi ma va sottolineato che oltre il 60% è destinato a Paesi dell’Unione Europea che, riconoscendo il principio della regionalizzazione, prevedono eventuali blocchi solo dai comuni delimitati, dove peraltro l’attività di allevamento è molto contenuta.
Un comportamento analogo peraltro è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo diventa ora importante una azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.
“Siamo in continuo e costante contatto con l’autorità sanitaria in Liguria, gli assessorati regionali all’Agricoltura e alla Sanità, oltre che con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta per poter dare ai nostri associati le corrette informazioni e tempestivi aggiornamenti. -spiegano Gianluca Boeri presidente di Coldiretti Liguria e Bruno Rivarossa Delegato Confederale- Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento, come abbiamo ripetutamente denunciato sia durante le manifestazioni in piazza De Ferrari sia nelle sedi istituzionali.
Di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne in tutta Italia, dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari con stime di oltre 80mila capi nella nostra regione; inoltre, siamo ancora in attesa dei dati che abbiamo chiesto a Regione Liguria per conoscere bene i numeri e i meccanismi che vengono generati dall’attuale sistema di caccia, al fine di monitorare il fenomeno anche in termini sanitari e fiscali e di vigilare contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale”.
“Abbiamo più volte evidenziato il rischio della diffusione della PSA attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette.
–afferma Ettore Prandini- Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese.
Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo perché è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste”.