Ritiro dell’emendamento. È questa la richiesta di Confagricoltura al governo italiano espressa oggi nella conferenza stampa sull’emendamento, approvato lo scorso 31 luglio, che rende illegali le infiorescenze della canapa industriale e i suoi derivati. Un provvedimento che mette a rischio non solo la filiera alimentare (semi/proteine), ma anche quella tessile e edile legate alla coltura di cannabis sativa industriale.
Alla conferenza stampa, organizzata alla Camera dei Deputati dall’onorevole Riccardo Magi di +Europa, era presente per la Confederazione Jacopo Paolini, vicepresidente della sezione Lino e Canapa di Copa-Cogeca.
“Il ritiro dell’emendamento al ddl Sicurezza – ha detto Paolini – è necessario per salvare l’annata agraria. Bisogna fare di tutto per salvaguardare quantomeno gli investimenti già avviati dalle tante imprese agricole italiane, che si sono impegnate nel comparto della canapa industriale”.
L’esponente della Confederazione ha richiesto anche la costituzione di un tavolo di lavoro per il comparto, “dove vi sia un’adeguata presenza di rappresentanti del settore agricolo, purtroppo spesso gli unici a pagare gli effetti di emendamenti o decisioni che non tengono conto delle specifiche indicazioni a carattere scientifico/giuridico ed economico”.
L’entrata in vigore dell’emendamento comporterebbe l’inserimento della canapa sativa nell’ambito di applicazione nella legge 309 del 1990 (TU delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope). Confagricoltura, insieme alle altre associazioni, solleva forti dubbi su questo aspetto vista la certificazione europea delle sementi utilizzate e quindi scientificamente prive di qualsiasi effetto drogante. Inoltre, il CBD o cannabidiolo, cannabinoide spesso presente in queste coltivazioni, è stato valutato dalla Food Standard Agency (FSA) come un elemento sicuro e pertanto classificabile tra gli alimenti lo scorso 19 luglio.
Il vicepresidente della sezione Lino e Canapa di Copa-Cogeca ha poi sottolineato il ruolo che questa coltura svolge nel settore primario italiano e non solo. “La canapa industriale sta contribuendo a riportare gli under 40 nelle campagne i quali, spesso, partono da questo prodotto per poi investire su altri. Un fenomeno che non si vedeva da oltre 30 anni”.
È utile, infatti, ricordare che più del 65% delle aziende agricole, che ad oggi operano sul territorio nazionale nel settore della canapa, sono gestiti da under 40, con una buona percentuale di donne.
La diffusione di questa coltura risulta importante anche per lo sviluppo delle aree interne depresse, “dato che la coltivazione di tutta la pianta non richiede grandi appezzamenti di terreno”, ha detto Paolini. Alcune aree agricole marginali, in regioni come Abruzzo, Marche, Molise, Liguria, Calabria, Campania, stanno avendo nuova vita proprio grazie alle coltivazioni di canapa.
“Se l’emendamento verrà approvato, il primo effetto sarà il blocco dell’intero settore con la conseguente delocalizzazione delle produzioni più strutturate, dato che la domanda continua a crescere a due cifre ogni anno”, ha aggiunto il vicepresidente.
Per Confagricoltura si tratterebbe, quindi, di un duro colpo per il Made in Italy agroindustriale di cui la canapa industriale è uno dei tasselli importanti, in quanto espressione delle piccole produzioni locali di qualità nazionali. Il settore italiano, infatti, dal 2019 al 2023 è cresciuto di oltre il 200% e attualmente, dà lavoro a 10.000 persone.
Anche l’export ne risentirebbe negativamente. Le stime del mercato europeo di prodotti a base di canapa si aggira per il 2024 intorno a un valore di 2,2 miliardi di euro, e l’Italia con le attuali capacità agricole potrebbe giocare un ruolo di primo piano nella produzione e rifornimento di prodotti a base di canapa. Ad oggi, grazie all’eccellenza delle aziende operanti sul territorio nazionale e della qualità dei prodotti agricoli, oltre il 70% della produzione viene esportato all’estero (Svizzera, Germania, Spagna, Francia, Austria).
“La legge 242 del 2016 – sottolinea Confagricoltura Liguria – ha promosso in Italia la coltivazione e la filiera della canapa, quale “coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, del consumo dei suoli e della desertificazione”. Da setti anni è legale produrre in una filiera controllata, da sementi certificate, con contenuto inferiore allo 0,2 per cento di Thc, il principio attivo che ha effetti psicotropi. Varierà che quindi, stando alla legge, non sono tra le sostanze stupefacenti.
La stessa normativa spiega che dalla canapa coltivata in questo modo è possibile ricavare alimenti e cosmetici, semilavorati, fibra, polveri, oli o carburanti, materiale organico per bioingegneria o bioedilizia, fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati, attività didattiche e dimostrative ricerca e florovivaismo. Su queste basi, negli ultimi anni imprenditori, anche giovani, si sono dedicati a questa nuova coltivazione.
“Stiamo parlando – conclude Confagricoltura Liguria nella sua nota – di un settore serio, altamente professionale che consta di oltre 50 aziende in Liguria, cui si ‘affiancano’ le realtà della trasformazione con una base di manodopera stimata in circa 800/1.000 addetti. In Liguria parliamo di oltre un milione di euro di produzione lorda”.