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Continua la mostra Tra segno e colore a Genova

Continua la mostra "Tra segno e colore" a Genova
Judit Török - LIBERTÀ QUALE - acrilici e pennarelli su tela 100 x 100 cm (2013)

Continua la mostra “Tra segno e colore” a Genova. Fino al 28 marzo alla Biblioteca Universitaria di Via Balbi 40.

Continua la mostra “Tra segno e colore” a Genova all’ex Hotel Colombia.

Aperta al pubblico dal 3 al 28 marzo, l’esposizione è organizzata da EventidAmare e comprende trentaquattro opere di diciassette artisti liguri e ungheresi. L’ingresso è gratuito.

Genova – Dopo l’inaugurazione di giovedì 3 marzo, la mostra “Tra segno e colore” resta aperta al pubblico fino al 28 marzo. Composta da trentaquattro opere di diciassette artisti liguri, l’esposizione è allestita all’interno dell’ex Sala di Ristorazione di II Classe dell’attuale Biblioteca Universitaria di Genova (ex Hotel Colombia) e curata da Daniele Grosso Ferrando. La mostra è aperta da giovedì 3 a lunedì 28 marzo con i seguenti orari: martedì e giovedì dalle 9:00 alle 18:30, mercoledì e venerdì dalle 8:30 alle 14:30. Lunedì, sabato e domenica l’esposizione resta chiusa.
All’interno della rassegna sono presenti opere di Aurora Bafico, Rosa Brocato, Gianni Carrea, Ida Fattori, Fulvia Fermi Steardo, Teresa Fior, Caterina Grisanzio, Giuliano Lo Pinto, Teresa Maggiore, Arianna Mariano, Enrico Merli, Claudia Nicchio, Vincenzo Rossi, Lucia Termini, Judit Torok, Ondina Unida e Agnese Valle. “Tra Segno e Colore” è una rassegna organizzata da EventidAmare, associazione culturale Liguria-Ungheria, Consolato Onorario di Ungheria per la Liguria e Biblioteca Universitaria, con il patrocinio di Regione Liguria, Città Metropolitana di Genova, Comune di Genova e Camera di Commercio di Genova.

“Tra segno e colore” era prevista inizialmente il 10 novembre 2020 ma, a causa delle restrizioni dovute alla pandemia, è stata accessibile unicamente grazie a un tour virtuale fruibile su Facebook e YouTube. «Dopo quasi un anno e mezzo – spiega Pietro Bellantone, presidente delle Associazioni Culturali EventidAmare e Liguria-Ungheria – il pubblico può visitare la mostra dal vivo dal 3 al 28 marzo e, finalmente, può ammirare in prima persona tutte le trentaquattro opere presenti nel Salone dell’ex Hotel Colombia, in un viaggio tra il figurativo e l’informale».

L’esposizione è stata inaugurata giovedì 3 marzo nell’ex Salone delle Feste della Biblioteca Universitaria di Genova (sita presso l’ex Hotel Colombia di via Balbi 40, adiacente la stazione di Genova Piazza Principe) alla presenza di Pietro Bellantone, Presidente delle Associazioni Culturali EventidAmare e Liguria Ungheria, Paolo Giannone, Direttore della Biblioteca Universitaria e Laura Repetto, Consigliera Delegata della Città Metropolitana di Genova, e Daniele Grosso Ferrando, curatore della mostra, storico e critico d’arte. «Gli artisti protagonisti di “Tra Segno e Colore” confermano ancora una volta la ricchezza e la vitalità della ricerca artistica a Genova e in Liguria – aggiunge Daniele Grosso Ferrando, curatore della mostra – testimoniata da opere di vario genere, che spaziano dal figurativo all’informale in una molteplicità di soluzioni e di esiti stilistici».

“Tra segno e colore” si aggiunge alle diverse esposizioni organizzate da Eventidamare nell’ultimo periodo, tra cui la personale dell’artista padovana Claudia Nicchio (al Convento di Sant’Anna di Genova e in Banca Carige di Padova) e di Aurora Bafico, Gianni Carrea e Enrico Merli (Galata, Museo del Mare di Genova) e, sempre alla Biblioteca Universitaria di Genova, l’esposizione “La multiforme carriera fotografica di F. K. Fuerst da Budapest alla Riviera Ligure”, in programma dal 17 marzo all’8 aprile 2022. «L’esposizione “Tra Segno e Colore” costituisce un ponte fra persone, luoghi e visioni diversi – raccontano Paolo Giannone e Mariangela Bruno, Direttore e Responsabile eventi della Biblioteca Universitaria di Genova – ed è la dimostrazione viva di un impegno volto a far emergere il lavoro di artisti contemporanei, interpreti di un dialogo per immagini».

Dopo il lungo periodo di stop imposto dalla situazione pandemica «finalmente torniamo in presenza a godere di nuovo delle bellezze artistiche – aggiunge Laura Repetto, Consigliera Delegata della Città Metropolitana – in una cornice architettonica splendida, punto di riferimento centrale per la vita culturale della città. Nella piena convinzione che il nostro marketing territoriale debba contribuire a rendere palazzi storici, istituzionali della città patrimonio di tutti».

“Tra segno e colore” è aperta al pubblico da giovedì 3 a lunedì 28 marzo, il martedì e il giovedì con orario 9:00-18:30, il mercoledì e il venerdì dalle 8:30 alle 14:30. Lunedì, sabato e domenica l’esposizione resta chiusa. L’ingresso è gratuito. Il catalogo, curato da Erga Edizioni, è in omaggio.

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“Tra segno e colore” – Locandina mostra

APPROFONDIMENTI DI “TRA SEGNO E COLORE” 

A cura di Daniele Grosso Ferrando

Le opere degli artisti, inserite nel catalogo, indicano che il ritorno alla pittura e alla “manualità” dell’arte, iniziate con la Transavanguardia e con il Neo-espressionismo, dopo le sperimentazioni concettuali degli anni ’60 e ’70, sia diventato una componente irrinunciabile del panorama artistico contemporaneo.

Genova è la protagonista assoluta delle vedute urbane di Aurora Bafico che sono una dichiarazione d’amore alla sua città e spaziano dai monumenti famosi agli angoli pittoreschi, resi con sincera commozione, in cui il ricordo si fa luce, emozione e colore. In Campetto l’atmosfera solitaria ricorda gli scorci urbani di Ottone Rosai, abitati da personaggi umili e silenziosi, mentre la composizione è dominata dallo sviluppo ascensionale della fontana che diventa il fulcro visivo della scena. Resti dell’acquedotto è, invece, una riflessione sulle memorie storiche, mute testimonianze di un passato glorioso, minacciato dall’inesorabile fluire del tempo.

Quella di Rosa Brocato è una pittura di oggetti in cui la realtà si frantuma in modo tale da evocare le visioni simultanee e la moltiplicazione dinamica delle immagini di ricordo cubo/futurista. I violini, infatti, si scompongono in più parti, mentre il colore, steso in velature blu e violette, contribuisce a sospendere gli strumenti musicali in una dimensione atemporale di grande suggestione visiva. Gli oggetti perdono, così, la loro consistenza reale e si trasformano in immagini oniriche che fluttuano in una spazialità evocativa percorsa da improvvisi fasci di luce.

L’Africa, oltre a essere il “sogno d’amore” di Gianni Carrea, è anche la principale fonte di ispirazione delle sue opere che uniscono una strabiliante perizia tecnica, essendo tutte eseguite a mano usando pennello e spatola, alla capacità di trasfigurare l’immagine reale in potenti sensazioni cromatiche dove la ricchezza del colore produce un effetto straniante in chi guarda. La pittura gareggia con la fotografia per la sua precisione mimetica: in Mirare in alto la pelliccia del leopardo si frantuma in un puzzle cromatico perfettamente bilanciato nei suoi valori tonali, mentre il titolo introduce una notazione metaforica. In Incrocio il ricordo va agli animali di Franz Marc: le due zebre dallo sguardo malinconico e umanizzato si scambiano un gesto affettuoso e le strisce dei loro mantelli ritmano la composizione in modo armonioso.

Le opere di Ida Fattori fondono motivi astratti a intonazioni simboliste in cui il violento contrasto fra la luce e l’ombra denota una dimensione cosmico/esistenziale e provoca una forte tensione emotiva. Alla geometria delle forme astratte si contrappongono le radiazioni luminose dello sfondo in modo da creare una suggestiva vibrazione chiaroscurale che sottolinea l’eterno conflitto fra il bene e il male. In Chiaro-Scuro la sagoma triangolare nera attraversa drammaticamente lo spazio, sovrapponendosi agli squarci di luce che emergono dalle profondità cosmiche. Lo stesso avviene in Attraverso dove il confronto luce/colore/buio si dilata in una dimensione veramente universale grazie alla visione dall’alto.

Il colore è il protagonista principale dei lavori di Fulvia Fermi Steardo che ricreano in forme astratte immagini e suggestioni provenienti dalla realtà. Seguendo Kandinsky, il colore diventa veicolo di una profonda spiritualità che trasfigura gli stimoli esterni in emozioni cromatiche. Fuoco dentro è un viaggio nel mondo interiore dell’artista che viene evocato da un universo di colori e caratterizzato dal contrasto fra toni caldi e toni freddi, portatori di opposte sensazioni. New York è il ricordo visivo delle luci e dei colori della metropoli americana che, senza la precisione geometrica di Mondrian, rivive sulla tela come pura sensazione cromatica.

La pittura di Teresa Fior ci introduce in un mondo sospeso e intimista, fatto di spazi silenziosi e di atmosfere metafisiche, veri e propri “luoghi dell’anima”, dove tutto è fermo e immoto. Il pastello, con i suoi toni morbidi e sfumati, accentua l’evanescenza delle immagini, che non si svelano mai completamente, come se fossero sogni o ricordi. In Attimo colto protagonista è lo spazio, uno spazio chiuso e segreto, pieno di silenzio e di malinconia, che sembra imprigionare la bambina, muta testimone di un destino di solitudine e di isolamento. In Luce di primavera lo spazio angusto della stanza dialoga con la luce del sole che ravviva il vaso di fiori, unica e vaga presenza di un mondo che forse esiste al di là della finestra.

Nelle opere di Caterina Grisanzio la realtà viene filtrata e interpretata mediante il colore, steso con impeto gestuale di ricordo espressionista in una vera e propria “azione pittorica”. Il colore satura la tela ed esplode con forza ed energia, ammassandosi in stratificazioni dinamiche, così da dare corposità e vitalità all’immagine pittorica. Puglia è un atto d’amore per la sua terra d’origine in cui l’esuberanza cromatica del giallo si stempera nel blu profondo del mare. Frammenti di sé è, invece, un’indagine introspettiva dove il volto dell’artista si dissolve in una struttura cromatica violenta e mescolata fatta di pennellate intense e rabbiose dove spiccano gli occhi infuocati che si rivolgono allo spettatore come lo specchio di un’anima inquieta.

La passione per la fotografia di Giuliano Lo Pinto è ben testimoniata dalle due opere in mostra che evidenziano gli interessi storico/antropologici dell’autore. In esse Lo Pinto, animato da una sincera forza emotiva, ottiene un perfetto equilibrio fra risultato estetico e contenuto che documenta la realtà sociale del Senegal odierno. I soggetti invitano a interrogarsi sul senso della storia: Isola di Gorée-Senegal ricorda il drammatico passato del Senegal quando era il principale punto di vendita degli schiavi africani ai mercanti europei, ma l’immagine della donna con il bambino contrappone la forza irresistibile della vita a ogni dichiarazione di morte. Saint Louis-Senegal oppone l’amore di una mamma alla povertà della sua vita materiale, mentre lo sguardo lontano è rivolto alla speranza di un futuro migliore.

Con un occhio rivolto a Mondrian, a Lichtenstein, a Bruno Munari e a Mario Radice, le tele di Teresa Maggiore offrono un’originale interpretazione dell’arte pop declinata in chiave post-moderna. Esse affascinano per l’inedita combinazione fra il rigore geometrico delle superfici colorate, l’armoniosa razionalità astratta e l’esuberante vitalità cromatica affidata principalmente ai colori primari.

In Cittadino del mondo al dinamico labirinto cromatico si contrappone la misteriosa silhouette nera di Charlot che introduce una nota spiazzamento emotivo di sorprendente efficacia. Free Jumping ribalta il senso dell’opera precedente: lo slancio dinamico dell’imprevedibile sagoma nera infrange, infatti, la statica ortogonalità della scacchiera cromatica, creando un inedito rapporto dialettico fra movimento e immobilità.

La ricerca artistica di Arianna Mariano si muove fra Espressionismo astratto e Informale materico in cui il colore è di volta in volta principio costruttivo ed esigenza interiore. La sua è un’indagine introspettiva che tende alla spiritualizzazione del colore, veicolo di emozioni che da personali diventano universali.

In Comunione la potenza espressionista del colore provoca un forte impatto emozionale e trasfigura la realtà fisica in un mondo di pure sensazioni cromatiche.

Sovrapposizioni è, invece, un universo caotico di emozioni colorate, fatto di stratificazioni e di colature, dove lo stimolo esterno si soggettivizza in un motivo astratto ricco di risonanze interiori.

La pittura di Enrico Merli mostra un sincero interesse verso la realtà che viene rivissuta e trasfigurata grazie alla magia della luce tale da evocare gli esiti migliori del Realismo magico.

Il mondo visibile, con le sue infinite sfaccettature, diventa così un immenso campo di indagine da cui estrarre frammenti di vita ricreati con straordinaria lucidità ottica e precisione mimetica.

Concerto racconta un momento di estasi musicale fissato per sempre dall’occhio di Enrico e quindi sottratto all’inesauribile fluire del tempo e trova il suo equilibrio nelle variazioni tonali del blu ravvivate dalla luce incandescente nello sfondo.

Omaggio a Serge Lido ricorda uno dei più grandi fotografi che hanno immortalato la danza nel XX secolo: con un occhio rivolto a Degas, Merli crea un magico gioco di riflessi e di trasparenze grazie alla sapiente modulazione della luce, mentre l’audace inquadratura fotografica esalta i movimenti delle ballerine.

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Claudia Nicchio – GLI OCCHI DEL BOSCO, acrilico su tela 100 x 70 cm (2020)

Le opere di Claudia Nicchio esplorano il mondo dell’inconscio rendendo visibile ciò che è invisibile: ispirandosi all’immaginario figurativo di Dalì, Magritte e Delvaux, i suoi lavori si popolano di figure mitiche e fiabesche che affascinano chi le guarda trasportandolo in un universo misterioso e segreto.

Claudia trasforma l’ordinario in straordinario dato che la normalità delle cose è contraddetta da strane e imprevedibili combinazioni tali da disorientare l’osservatore.

In Gli occhi del bosco, ad esempio, il bosco sembra avere mille occhi e mille voci, animandosi di inquietanti presenze che circondano e minacciano la ragazza, il cui volto si trasforma in un corvo nero nell’atto di fuggire da questo maligno incantesimo. In Le forbici dell’acqua la composizione è giocata su ritmi curvi e flessuosi: in essa una ninfa acquatica sta recidendo i suoi capelli, resi vivi dalla catena di occhi, capelli che magicamente si trasformano in una cascata d’acqua, fonte di vita e di speranza.

Il fascino del paesaggio ligure e delle sue testimonianze artistiche è il filo conduttore che lega le opere di Vincenzo Rossi, mosso dal desiderio di fissare sulla tela un’emozione, un attimo della nostra esistenza. I paesaggi sono concepiti come dei fermo immagine e calati in una dimensione atemporale ed eterna in cui dominano solitudini metafisiche e magie luministiche. La chiesa di Santa Margherita e il castello di Noli combina due diversi momenti percettivi caratterizzati da severità formale e da rigoroso ordine geometrico tali da sintetizzare le immagini cogliendone la più intima essenza. Sintesi formale e sospensione temporale tornano ne Il castello di Noli e la chiesa di Santa Margherita in cui i soggetti sono ribaltati come in un sorprendente gioco metafisico, disorientando l’osservatore che viene condotto in un mondo parallelo di luci, forme e colori.

La ricerca artistica di Lucia Termini si concentra principalmente sul ritratto e, in particolar modo, sul volto femminile che diventa paradigmatico di una bellezza senza tempo, ma anche specchio di un’indagine interiore. In Guardando al futuro il volto emerge dallo sfondo bianco come un’apparizione improvvisa e misteriosa, mentre lo sguardo malinconico sembra perdersi nella contemplazione di un futuro ignoto o di un pensiero lontano. In 2020 Lucia Termini dialoga con il ponte “San Giorgio”, di recente realizzazione, e con “La Nascita di Venere” di Sandro Botticelli che viene drammaticamente calata ai giorni nostri mediante l’aggiunta della mascherina anti-covid, un elemento estraneo che deturpa il fascino immortale del volto della dea.

Con un occhio rivolto a Gustav Klimt e un altro a Egon Schiele, Judit Török dimostra di essere una degna erede della Secessione viennese e dell’arte simbolista. Le sue opere, ricche di citazioni letterarie e artistiche, si caratterizzano per una notevole complessità iconografica e concettuale e per l’uso sapiente di materiali differenti in cui le immagini e le parole si combinano con coerenza. In Cadavre exquis (Il Cadavere squisito), la Török riprende il gioco combinatorio dei Surrealisti basato sull’associazione casuale degli elementi, aggiungendovi un’amara e dolente riflessione sul valore dell’arte nel mondo contemporaneo. Il suo spirito visionario è, invece, testimoniato da Libertà quale in cui l’eleganza del disegno di matrice secessionista maschera una sofferta meditazione sul tramonto degli ideali e sul nichilismo dei nostri tempi.

Nelle composizioni di Ondina Unida le sperimentazioni polimateriche (acrilico, resina e ceramica) generano sulla tela una consistenza tattile in cui l’immaginario onirico crea un mondo visionario fatto di spazi infiniti e di suggestioni cosmiche.

In I colori della vita la magica fioritura in primo piano si proietta in uno spazio cosmico da cui proviene una cascata di luce, fonte di vita e di speranza, che sembra collegare mondo terreno e mondo divino. Il mistero della vita ritorna in Estasi Cosmica dove l’universo floreale si dilata in una dimensione spaziale cromaticamente definita da colori vivaci e accesi che dialogano con le misteriose profondità celesti in un anelito di speranza e di rinascita.

I paesaggi di Agnese Valle sono una festa di colori luminosi e vivaci che ci proiettano in un universo fiabesco in cui rivive l’incanto e lo stupore di chi si meraviglia ancora di fronte allo stupefacente spettacolo del mondo.

La Valle, collegandosi idealmente a Klee e a Mirò, riscrive in maniera molto personale il paesaggio, caratterizzato dalla semplicità bidimensionale delle immagini che sembrano filtrate attraverso gli occhi innocenti di un bambino. S. Maria Maggiore a Bergamo alta è, così, trasformata in un mosaico di colori che non riflette la realtà ma che nasce dall’inesauribile fantasia creativa dell’artista.

Allo stesso modo, Palazzo Spelladi a Pordenone viene ricreato con toni da favola ed è un altro esempio dello stupore fanciullesco con cui la Valle si accosta alla realtà da lei magicamente trasformata in un mondo di sogni.