“Importante scegliere di destinare i fondi del decreto Cura Italia per l’acquisto di prodotti Made in Italy sostenendo così anche economia e lavoro dei territori in difficoltà”
“Con le misure restrittive per contenere il contagio e la perdita di opportunità di lavoro, anche occasionale, si aggrava la situazione e aumenta il numero dei quasi 2,7 milioni di italiani, che sono costretti a chiedere aiuto per il cibo con la distribuzione di pacchi alimentari o nelle mense, di cui 66.580 (2% della popolazione ligure) solo in Liguria”.
È quanto hanno affermato oggi i responsabili di Coldiretti Liguria, anche in riferimento ai crescenti problemi di ordine pubblico registrati in alcune zone del Sud Italia per le difficoltà economiche e occupazionali causate dall’emergenza coronavirus.
“A livello nazionale – hanno ricordato – sono in difficoltà quasi 113mila senza fissa dimora, oltre 225mila anziani sopra i 65 anni, e 455mila bambini di età inferiore ai 15 anni che ricevono aiuti alimentari distribuiti con i fondi Fead attraverso dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea) grazie ad associazioni come Banco Alimentare Roma, Banco delle opere di Carità, Caritas Italiana, Comunità di S. Egidio, Croce Rossa Italiana, Fondazione Banco Alimentare e Associazione Sempre Insieme per la Pace”.
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“A differenza di quanto si possa pensare – hanno aggiunto il presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il delegato confederale Bruno Rivarossa – il problema alimentare non riguarda solo il Terzo mondo, ma anche un Paese industrializzato come il nostro, dove le differenze sociali generano sacche di povertà ed emarginazione che si acuiscono in momenti di crisi come quello che stiamo vivendo.
È quindi di fondamentale importanza l’aumento, contenuto nel Cura Italia, di 50 milioni del fondo per l’aiuto agli indigenti, che può dare un sostegno concreto a tutte le persone che, anche nella nostra regione, si trovano in grandissime difficoltà.
Loro sono lo specchio di come va un Paese e non soltanto, in generale, bisognerebbe arrivare ad un azzeramento della fame, ma assicurare per tutti una dieta sana, equilibrata e sostenibile per l’ambiente, attenta alla salute dei consumatori, rispettosa della biodiversità presenti, riducendo inoltre drasticamente lo spreco alimentare.
In questo momento poi così difficile per ogni attività economica, se le nuove risorse rese disponibili per buoni spesa, buoni pasto o generi di prima necessità, si scegliesse di indirizzarle verso l’acquisto di produzioni locali, potrebbero sostenere la nostra economia agricola ed ittica che ha subito già ingenti perdite per il blocco delle esportazioni e la chiusura di bar ristoranti e mense.
L’uscita da questo momento di crisi la si può raggiungere solo tutti insieme, evitando inoltre di favorire quelle industrie, che, in questo frangente, hanno approfittato della situazione compromettendo, a livello nazionale, il lavoro della maggioranza degli operatori della filiera, assumendo infine comportamenti speculativi sottopagando i prodotti ad agricoltori ed allevatori”.