Come già accaduto oggi nelle case circondariali di Modena, Padova, Milano, Frosinone, Poggioreale ed altri istituti penitenziari, anche a Genova, nel carcere di Marassi, è scoppiata una ‘sonora’ protesta contro la decisione del Governo di bloccare i colloqui con i parenti a causa del pericolo di contagio da coronavirus.
Dapprima era stato limitato il numero dei parenti in visita, imponendo l’utilizzo di presidi di prevenzione come le mascherine, ma con il nuovo decreto le visite sono state bloccate.
A Genova, per adesso, i detenuti hanno iniziato a battere sulle inferriate, altrove è scoppiata la rivolta con materassi e lenzuola dati alle fiamme.
“Sono 750 i detenuti a Marassi – ha spiegato Michele Lorenzo, segretario per la Liguria del Sappe, sindacato di Polizia penitenziaria. Il virus, se arrivasse nella casa circondariale, non si potrebbe contenere.
I detenuti sono anche in sei in una cella e sarebbe impossibile applicare le misure sanitarie di sicurezza.
Per questo è fondamentale evitare che il virus entri perché in poco tempo si diffonderebbe fra tutti.
Quello di Marassi è uno dei dieci più problematici in Italia anche proprio per l’affollamento.
Per fare fronte a quanto sta accadendo e arginare le proteste servono personale e dotazioni anti incendio. Le dotazioni anti sommossa le abbiamo già ed è il momento di usarle. Lo Stato non si può piegare.
Anche i cittadini in stato di libertà sono stati assoggettati a regole per contenere il contagio.
Lo è il personale di polizia penitenziaria che per entrare in carcere deve essere sottoposto a controlli sanitari, come il controllo della temperatura. Questo per l’incolumità dei detenuti.
Lo Stato deve dimostrare tenacia e fermezza e non permettere che si apra una falla nella tutela della salute del detenuto”.
AGGIORNAMENTO.
La situazione a Marassi sta precipitando. Alcuni detenuti, oltre a sbattere le stoviglie contro le sbarre delle loro celle e a urlare, hanno anche bruciato le lenzuola.
“Il peggio – ha aggiunto il segretario del Sappe Lorenzo – potrebbe arrivare domani, quando i detenuti si ammasseranno per potere usufruire dell’ora d’aria”.