Una diminuzione del pil italiano compresa tra -1% e -3% nel primo e secondo trimestre 2020.
Sarebbe questa l’indicazione degli effetti sull’economia del coronavirus secondo il Ref Ricerche, società indipendente che affianca aziende, istituzioni, organismi governativi nei processi conoscitivi e decisionali, che quantizza la perdita di Pil tra i 9 ed i 27 miliardi.
La stima considera l’impatto diretto nelle regioni italiane, con effetti immediati e di più lunga durata, a seconda del settore considerato. Lombardia e Veneto, le due regioni più interessate dal fenomeno, spiega il Ref, contano per il 31% del pil italiano.
Aritmeticamente, una contrazione del 10% del pil in queste due regioni vale una diminuzione del 3% di quello dell’intero Paese.
La flessione per l’intera economia stimata da REF Ricerche va da un -1% a un -3%. Sono variazioni cumulate nel primo e nel secondo trimestre 2020. Infatti, la scoperta dei primi casi, le misure di contenimento e la diffusione della paura tra la popolazione sono avvenuti nell’ultima decade di febbraio e quindi incideranno solo su una parte del primo trimestre, mentre dispiegheranno appieno i loro effetti nel secondo.
Questa stima si basa su una valutazione degli effetti sui singoli settori, raggruppati in quattro categorie in base al range di probabile variazione del rispettivo valore aggiunto e poi calcolando il peso di tali categorie sul PIL totale.
Il primo gruppo comprende quei settori che vedono aumentare tra il 2% e il 6% la loro attività in conseguenza dell’epidemia virale (attività legate alla farmaceutica, alla cura della casa e i servizi connessi allo smart working e alle video conferenze); il suo peso è dell’8,5%. Il secondo gruppo è di gran lunga il più importante (vale il 54,6% dell’intera economia) e non patisce sostanziali variazioni di attività a causa del virus. Il terzo gruppo incide per il 25,1% e patisce una contrazione produttiva limitata (al più del 4%). Infine, c’è l’insieme dei settori che stanno subendo contraccolpi molto forti (tra -10% e -40%) ma che hanno un peso contenuto (11,7%; dalla filiera del turismo, a tutte le attività legate a centri di aggregazione).
Dalla somma ponderata risulta una diminuzione del PIL italiano compresa tra -1% e -3% (si veda la tabella).
Queste stime hanno un alto grado di congettura, tuttavia fanno comprendere in modo chiaro e realistico l’entità del danno che l’Italia sta subendo.