Covid, 3 anni dopo. Il prof. universitario genovese Paolo Becchi e il prof. Marco Cosentino, direttore del Centro di Ricerca in Farmacologia Medica dell’Università dell’Insubria, hanno dimostrato che chi si è opposto alla vaccinazione anti Covid forzata, imposta dal Governo, lo ha fatto su basi di conoscenze scientifiche. Ricordiamo che il primo vaccino anti Covid di Pfizer è stato autorizzato il 21 dicembre 2020 dalla Commissione UE.
Mentre il prof. genovese e “paladino dei vaccini” Matteo Bassetti continua, sempre meno ascoltato, a lanciare insulti contro chi la vede diversamente da lui, abbiamo pubblicato questo lavoro che, giudicate voi, a noi sembra all’altezza di un serio discorso scientifico.
Tanta gente pare sorprendersi nel momento in cui, pur essendosi vaccinata e avendo fatto talora uno, talora due e in alcuni casi anche tre richiami, o ancora ulteriori, si ammala di Covid e persino ripetutamente. Si dice che senza vaccino sarebbe andata molto peggio, ma è ovviamente un po’ come “calciare la palla in tribuna”.
La possibilità di ammalarsi “malgrado” il vaccino non è un dato casuale, ma previsto dagli stessi studi che li hanno autorizzati. Dieci volte di meno, secondo gli studi di Pfizer e Moderna, ma ci si ammala.
Di regola un medicinale per essere autorizzato deve documentare la propria efficacia in almeno due diversi studi, per ridurre la possibilità che il risultato sia casuale. In questo caso, non solo lo studio è stato uno solo, ma è durato poche settimane ed è stato condotto per verificare aspetti dell’efficacia tra i meno importanti: ha considerato la protezione da Covid ma non da Covid grave e tanto meno dal contagio e dalla sua trasmissione.
La breve durata degli studi autorizzativi, interrotti dopo poche settimane, costrinse d’altra parte i vaccinati a scoprire solo tardivamente che quella protezione svaniva dopo alcuni mesi, fino a farsi “negativa” (ovvero chi si è vaccinato pare più esposto al rischio di contagio rispetto ai non vaccinati), un dato sostenuto ormai da molteplici studi e dagli stessi dati ufficiali.
L’obbligo vaccinale imposto per arginare la diffusione del virus, dunque, non aveva alcun fondamento medico-scientifico perché chi ha realizzato il vaccino sapeva che la vaccinazione non avrebbe impedito il contagio.
Recentemente ha fatto scalpore la dichiarazione di una rappresentante di Pfizer/BionTech in audizione al Parlamento Europeo che ha confermato come i vaccini Covid-19 non siano mai stati testati per la loro capacità di bloccare la trasmissione del virus.
E tuttavia in molti lo avevamo fatto presente da subito anche in audizioni ufficiali presso il Senato della nostra Repubblica, segnalando come il “Green pass” vaccinale non avesse alcuna base scientifica e rischiasse anzi di essere strumento di ulteriore diffusione del virus.
Riguardo ai decessi, oggi prendiamo atto che nello studio Pfizer dopo qualche mese erano morte più persone tra i vaccinati che tra i non vaccinati, in buona parte per problemi cardiaci.
Proprio i danni cardiaci sono stati all’inizio ostinatamente negati, e vengono tuttora minimizzati malgrado vari studi documentino invece come lesioni miocardiche possano verificarsi nella maggioranza dei casi.
Allo stesso modo, si insiste a garantire la sicurezza di questi prodotti in gravidanza e durante l’allattamento malgrado l’assenza di studi e talora anche la disponibilità di evidenze contrarie.
Infine, tutti danno ormai per acquisito che almeno i “fragili” debbano essere (pluri)vaccinati, scordando che questa categoria fu esplicitamente esclusa dagli studi autorizzativi e scordando soprattutto varie esperienze, tra cui quella norvegese dove una commissione governativa certificò il ruolo probabile o possibile del vaccino in varie decine di decessi di persone anziane in case di riposo.
Ma quello era – si dice – il vaccino di Astrazeneca, sacrificato come capro espiatorio: una sorta di liquidazione della “bad company” per salvare così il resto della brigata.
Nel frattempo, con abile gioco di prestigio, mentre i primi vaccini erano stati autorizzati quanto meno con una minima evidenza di efficacia sulla malattia, le versioni “aggiornate” hanno ricevuto “disco verde” sulla base della mera constatazione della capacità di evocare un livello di anticorpi analogo (quei medesimi anticorpi che nei guariti non sono mai stati riconosciuti come indicatori di protezione) e talora nemmeno di quelli.
Una sorta di modello “vaccino anti-influenzale”, che notoriamente viene ogni anno allestito sulla base dei ceppi identificati nella stagione influenzale dell’altro emisfero, senza alcuna verifica di efficacia o sicurezza clinica.
Nel complesso, un’operazione indubbiamente brillante sotto molti aspetti, prevalentemente comunicativi e commerciali, ma purtroppo non senza “vittime”.
Nell’ora “più buia” degli obblighi vaccinali, tante persone si sono ritrovate da un giorno all’altro socialmente isolate ed escluse, prive dei diritti e delle tutele più fondamentali per il solo fatto di aver voluto esercitare in libertà e autonomia la legittima scelta di non vaccinarsi.
Dall’altro lato, troppi di coloro che invece si sono vaccinati hanno sofferto danni anche gravi che ancora oggi attendono di essere riconosciuti.
Da troppo tempo queste persone chiedono legittimamente alle istituzioni ascolto e aiuto.
La vaccinazione forzata è stata esclusivamente una decisione politica di controllo sociale sulla popolazione. Non aveva alcun fondamento medico-scientifico. Sempre più dati confermano questa tesi che all’inizio solo pochi hanno avuto il coraggio di sostenere. Prof. Paolo Becchi e prof. Marco Cosentino