“Difetti esecutivi” rispetto al progetto originario. Quindi degrado e corrosione di diverse parti del Ponte Morandi dovuti alla “mancanza di interventi di manutenzione significativi”.
Lo hanno scritto nella loro relazione inviata al Tribunale di Genova i tre periti del gip Angela Nutini nella risposta al secondo quesito del primo incidente probatorio per il tragico crollo (43 morti).
I periti hanno esaminato le condizioni di conservazione e manutenzione dei manufatti non crollati e delle parti precipitate, analizzando i reperti sequestrati.
Inoltre, hanno effettuato anche carotaggi e analisi sulle parti crollate della pila 9 (quella crollata) e su quelle rimaste in piedi (la pila 10 e altre).
Per quanto riguarda il reperto 132, ossia l’ancoraggio dei tiranti sulle sommità delle antenne del lato sud, considerata dalla procura di Genova la prova regina perché è il punto che si sarebbe staccato per primo, i periti hanno individuato “nei trefoli (elementi costruttivi delle corde, ndr) uno stato corrosivo di tipo generalizzato di lungo periodo, dovuto alla presenza di umidità di acqua e contemporanea presenza di elementi aggressivi come solfuri e cloruri”.
L’inchiesta per il tragico crollo vede indagate 71 persone, insieme alle due società Autostrade e Spea.
I reati, a vario titolo, sono di omicidio colposo, omicidio stradale colposo, disastro colposo, attentato alla sicurezza del trasporti e falso.