Cultura, che parola affascinante: evoca immagini di cose belle e buone, cose elevate, quasi un passo verso il legame con il cielo.
Per cui ci si chiede come mai, da troppo tempo, questo termine venga usato per etichettare e purtroppo per giustificare, anche da parte di persone cosiddette colte ed attente al vivere sociale, ogni sorta di usanze tribali, spesso crudeli e senza senso, comunque contrarie alle nostre usanze nonché alle nostre leggi, qualche volta faticosamente conquistate a forza di ribellioni, lacrime e sangue.
Mi chiedo ancora come mai le donne aderenti al migliore femminismo (quello che propone di vivere una vita insieme agli uomini con dignità umana), che purtroppo da qualche tempo, occupate come sono a cambiare le finali delle parole, sembrano diventate una discutibile succursale dell’accademia della Crusca, non si prodighino per escludere di usare il termine “cultura” per tutte quelle manifestazioni di usanze, spesso aliene (ma che sonnecchiano ancora tra la nostra italianità), estranee allo stesso termine.
Termine purtroppo adoperato da ultimo persino da un nostro magistrato per escludere la responsabilità penale di un uomo, che da anni picchiava e maltrattava la moglie, con la scusa che questo comportamento apparteneva alla cultura della provenienza etnica dello stesso.
Vogliamo, per cortesia, usare termini aderenti a queste realtà, tipo downusanze, barbarie, violenze, schifezze ecc…?
Riflettendo ancora su temi pratici intorno all’argomento, leggo che la Francia ha da poco vietato alle studentesse musulmane di entrare in classe con il pesante abbigliamento imposto dalla loro “cultura”.
Giusto, giustissimo far rispettare la legge. Ma con quali conseguenze? Che ad almeno alla metà delle ragazze coinvolte verrà vietato dalla famiglia l’accesso allo studio.
E allora come faranno ad adempiere l’obbligo scolastico che, immagino, sia vigente anche in Francia? Accompagnate a scuola tutte le mattine dalla gendarmerie?
E tocchiamo un punto assai grave, quello delle mutilazioni genitali femminili, al quale, a mio parere, non viene dato il necessario rilievo.
Si sussurra che qualche genitore si sia rivolto ai nostri medici per praticare questo tipo di operazione sulle figlie con l’assistenza sanitaria.
Ma nessun medico può farlo in quanto le nostre leggi proibiscono le mutilazioni permanenti. Risultato? L’operazione verrà fatta in famiglia, con mezzi rudimentali e senza assistenza sanitaria.
Ho sentito un uomo musulmano affermare in un talk TV che quanto sopra, compresi i matrimoni imposti, appartengono alla cultura, la religione non c’entra.
Mi chiedo per quale motivo allora i capi religiosi non si adoperino con determinazione per eliminare tali “culture”.
Cominciamo almeno noi, italianoeuropei, a chiamare le cose con il loro nome, rifiutando il termine “cultura” ad usanze che sono barbare e granitiche tradizioni.