Nei giorni scorsi i giudici della Corte di Cassazione hanno emesso un’importante sentenza riguardo la violazione del divieto di “guida in stato d’ebbrezza” che in sostanza blocca la sospensione della patente e ogni sanzione accessoria se il verbale non riporta che l’etilometro è omologato e tarato.
Non è la prima volta che gli ermellini tornano su questo argomento, già ritenuto valido anche per i sistemi di rilevazione della velocità come i Tutor in autostrada o gli Autovelox e altre apparecchiature che devono riportare la data dell’ultimo controllo sulla taratura.
Secondo la Cassazione, in particolare, il verbale “inesatto” è da ritenersi nullo perché è lo stesso regolamento d’esecuzione del Codice della Strada a prevedere le verifiche presso il CSRPAD del Ministero dei Trasporti.
È infatti l’ente accertatore (agenti o ufficiali di polizia giudiziaria) che deve provare nel verbale, non ripetibile, di avere svolto “tutti gli adempimenti in quanto fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria”.
La certezza del diritto, quando si tratta di accertamenti effettuati con strumenti elettronici o meccanici, sussiste solo quando le apparecchiature sono sottoposte non solo a omologazione, ma anche a controlli e verifiche periodiche che devono essere dimostrate di essere state effettuate dalla pubblica amministrazione.
Ad evidenziarlo, ancora una volta, sono stati i supremi giudici della Sesta sezione civile della Corte di Cassazione, che con la sentenza del 24 gennaio scorso hanno spiegato in maniera del tutto condivisibile una serie di principi che s’ispirano a queste necessità e che dovrebbero essere sempre i fari guida degli enti accertatori nei controlli sulla strada, anche a mezzo etilometro.
Secondo la Suprema Corte con l’ordinanza 1921/19, deve essere annullato il verbale per guida in stato d’ebbrezza, se non riporta che l’etilometro risulta omologato e sottoposto alla taratura periodica. In tale ottica, risultano validi gli stessi criteri sanciti in tema di Autovelox e altri sistemi similari dopo la nota sentenza 113/15 della Corte Costituzionale.
Secondo gli esperti, tali deduzioni, oltrechè derivare dalle più elementari esigenze di certezza del diritto e di tutela dell’affidamento del cittadino, sono contenute nel regolamento di esecuzione del Codice della Strada che impone le verifiche agli strumenti con i quali si effettua l’alcoltest dalle quali deriva l’effettiva legittimità dell’accertamento.
Se nel giudizio di opposizione alla sanzione amministrativa, il contravventore critica l’attendibilità della misurazione non può che ricadere a carico della pubblica amministrazione l’onere di provare il buon funzionamento dell’apparecchio. Si tratta, in tal senso, di una questione concernente il fatto costitutivo della pretesa sanzionatoria azionata.
Nella fattispecie di quest’ultimo caso, giunta sino al giudizio di legittimità, è stato accolto il ricorso di un’automobilista dopo un doppio rigetto innanzi al Giudice di Pace di Roma e in sede d’appello innanzi al Tribunale capitolino in ragione di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme del Codice della Strada.
Nel caso in questione al trasgressore era stata contestata la violazione dell’articolo 186 (secondo comma lettera a) che non costituisce reato ma comporta pur sempre la “sospensione della patente di guida da tre a sei mesi”.
I supremi giudici hanno inoltre ricordato che l’articolo 379 del regolamento di esecuzione Codice della Strada stabilisce che gli etilometri debbano essere omologati dalla Motorizzazione civile in base alle verifiche compiute dal Csrpad, il centro prove del ministero dei Trasporti, e sottoposti alla taratura annuale: l’esito positivo va annotato sul libretto di accompagnamento dell’apparecchio.
In tale ottica, l’indicazione nel verbale (non ripetibile) risulta necessaria per un accertamento che possa ritenersi legittimo: bisogna infatti assicurare che si possa controllare la legittimità delle operazioni di accertamento.
“Tali principi – ha spiegato Giovanni d’Agata dello sportello dei Diritti – sono completamente sovrapponibili a quelli resi dalla Consulta nella citata sentenza sugli autovelox, che ha posto al centro della questione la circostanza che gli automobilisti devono poter riporre un ragionevole affidamento sugli strumenti di misurazione. E se è vero che bisogna garantire la sicurezza sulle strade, vanno tutelati anche i diritti del cittadino, che non può rimanere esposto a un’incontrollabile attività dell’amministrazione”.