“Non cercate di diventare famosi, cercate di diventare bravi”: questo il testamento morale di Daniela Dessì, artista eccellente, poco amante della mondanità ma assai presente nell’impegno sociale, prematuramente scomparsa nel 2016.
Sabato sera, in un Teatro Carlo Felice colmo, entusiasta e rispettoso (incredibile come i due aggettivi possano adattarsi al clima di particolari circostanze), il compagno della soprano, il tenore Fabio Armiliato, ha presentato il Gala dedicato all’artista e alla fondazione da Lei sostenuta, alla quale sono stati destinati gli incassi.
La serata non poteva cominciare meglio: in un clima di trepida aspettativa sono arrivate le dolci note della belliniana “Casta diva”, cantata stupendamente (ne dubitavate?) da Mariella Devia.
“Casta diva” non è solo un pezzo d’opera, è la lirica per antonomasia: prova del fuoco per giovani soprano ma anche rimpianto, emozione pura inviata verso la vergine luna, che sgorga dal cuore di una sacerdotessa celatamente madre e concubina, che ha tradito i propri voti ed è stata a sua volta tradita.
Il Sovrintendente ha rammentato come sia importante la memoria degli artisti, per cui va tenuta viva, sottolineando che sono proprio la musica e il teatro a darci la misura di chi siamo e la consapevolezza di che cosa facciamo.
Mentre si snodano le vicende del percorso lirico di Daniela, dagli esordi in poi, si susseguono sul palco, dopo il saluto delle rappresentanti delle istituzioni, assessori Cavo e Serafini, artisti giovani di eccellenti doti vocali, o più conosciuti e famosi, che intonano brani d’opera cari alla celebrata artista ed al pubblico.
Nel video dello sfondo si alternano brani scelti cantati dalla stessa Daniela ed esortazioni, sempre utili nell’attuale convulsa vita odierna, di badare alla propria salute ed alla prevenzione.
Sfilano gli artisti meno giovani, i colleghi e gli amici di sempre della Dassì e si dilungano a raccontare, esortati da Fabio, fatterelli gustosi di momenti della vita artistica e privata vissuti insieme a Lei. E quasi tutti vogliono ricordarla offrendoci pezzi d’opera, dimostrando di conservare ottime capacità vocali e tecniche anche quando, da tempo, non cantano più in pubblico: lo fanno senza risparmio, con passione, senza temere figuracce o stecche, così come succede tra veri, grandi amici.
Chi non ha potuto essere presente ha mandato comunque un messaggio o un video: una serata in cui ha prevalso l’emozione ed il ricordo, mai la retorica.
Magici i momenti in cui, sullo sfondo, l’artista acrobata Erica Lemay ha stupito ed incantato, trasformando un lenzuolo in uno strumento di pura arte. (nelle foto di Marcello Orselli: alcuni momenti della serata).
Elisa Prato
“Quando canto trasmetto la passione per quello che faccio”. Un commento di Nicola Lischi dal web celebra la vocalità di Daniela Dessì.
L’esordio della soprano genovese risale al Concorso Maria Callas del 1980, uno dei pochi concorsi che, trasmesso in diretta dalla RAI, poteva davvero lanciare la carriera di giovani cantanti di talento. La Dessì (il vero cognome – che compare nelle locandine delle sue primissime apparizioni – era in realtà Dessy, che lei cambiò, perché non pareva italiano) aveva all’epoca 23 anni e per quasi un decennio, la cantante si dedicò al repertorio barocco, settecentesco, mozartiano, con alcune incursioni in Rossini.
Alla fine degli anni ’80 iniziò ad aggiungere ruoli da soprano lirico e lirico spinto, sicuramente trascinata dal suo innegabile temperamento drammatico; “sì certo, il repertorio barocco e mozartiano è importantissimo per la tecnica ed educa il gusto” ma intendeva proseguire per altre rotte.
Al Met debuttò tardi, nel 1995, in un ruolo relativamente defilato come Nedda in Pagliacci, quando in Italia e in Europa i maggiori teatri facevano a gara per averla nei ruoli più prestigiosi da autentica primadonna del repertorio lirico e lirico-spinto.
Ultimamente si avvertiva sempre la sua formazione di stampo belcantistico, un’emissione perfettamente appoggiata sul fiato, con un suono che sovente dava l’impressione di “galleggiare”.
La Dessì è infatti una delle ultime depositarie di una tecnica vocale tutta fondata sul canto sul fiato; la voce, bellissima di natura in un registro centrale opulente e sensuale, fuoriesce galleggiando, morbida, amplificata da una messa “in maschera” da manuale, facendo sembrare il timbro da puro soprano lirico ben più ampio di quanto non sia in realtà. Lo strumento della Dessì non ha mai amato brusche e repentine ascese verso gli acuti, che hanno sempre palesato, anche nella prima parte della carriera, alcune screziature metalliche, che i suoi ammiratori hanno comunque imparato ad accettare in quanto parte integrante della sua vocalità.