“E’ vero che i vicini di casa di Alberto Scagni e la nonna chiamarono le forze dell’ordine 12 volte e che il giorno prima dell’omicidio e il giorno stesso i genitori chiamarono il 112, ma nessuna di quelle telefonate è sfociata in una denuncia. La mancanza di una formale denuncia ha impedito la conoscenza di tutte quelle circostanze e dei fatti che avrebbero potuto costituire elementi utili a inquadrare la situazione e a valutarne in anticipo la pericolosità”.
E’ quanto, in sostanza, sostiene il pm della Procura di Genova che ha oggi ha chiesto l’archiviazione per il procedimento su presunte omissioni e mancanze di poliziotti e di una dottoressa della Salute mentale.
“La condotta dell’operatore 113 e del suo superiore in servizio alla sala operativa il primo maggio 2022, giorno in cui Alice fu uccisa dal fratello a Genova Quinto – hanno proseguito dalla Procura genovese – deve essere vagliata esclusivamente sulla scorta delle informazioni fornite nel corso della telefonata da Graziano Scagni.
E appare chiaro che l’invio della Volante in soccorso è strettamente legato non soltanto al tipo di evento rappresentato, ma soprattutto al fatto che vi sia in atto un concreto e attuale pericolo per l’incolumità delle persone.
Questo deve essere certamente ravvisato nella presenza sul luogo dell’intervento della persona fonte di pericolo. Alberto, al momento delle telefonate, non era sotto casa dei genitori o della sorella”.
Per quanto concerne la dottoressa della Salute mentale “l’accertamento sanitario obbligatorio è deciso dal medico psichiatra in via eccezionale qualora ci sia il sospetto di alterazioni psichiche gravi e quando sono stati vanamente esperiti tutti i tentativi di contattare la persona per acquisire il suo consenso alla visita”.
La dottoressa, in aula, durante il processo per l’omicidio “ha spiegato che dopo il colloquio con i familiari, avvenuto il 22 aprile, e le informazioni pervenute telefonicamente il 28 aprile non aveva, sulla base di quanto le era stato riferito, elementi per poter effettuare una diagnosi in quanto erano riportati dai familiari soprattutto comportamenti antisociali, e non aveva invece ravvisato sintomi psichiatrici tali che consentissero e suggerissero un intervento d’urgenza.
Aveva invece deciso già durante la riunione del 28 aprile, subito prima della telefonata di Graziano Scagni, insieme ai medici dell’equipe psichiatrica, di coordinarsi col medico di base, con il neurologo e col Sert ma poi, dopo la telefonata aveva deciso di convocare formalmente Alberto Scagni il 2 maggio”.
Infine, per quanto riguarda il reato di morte come conseguenza di altro reato, per il pm della Procura genovese “difetterebbe anche qualunque rapporto di causalità materiale con l’evento morte di Alice Scagni, rispetto al quale il mancato invio della polizia sotto casa della vittima, ben sette ore prima dell’omicidio, non può costituire un contributo al verificarsi di quell’evento, pianificato con premeditazione dal fratello e soprattutto giunto sul luogo diverse ore più tardi rispetto all’ora della richiesta alla centrale operativa della Questura, in quanto non era prevedibile in base ai dati di conoscenza a loro disposizione al momento della richiesta”.