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Don Giovanni al Teatro Ivo Chiesa, ritratto di un narciso

Don Giovanni al Teatro Ivo Chiesa, ritratto di un narciso
Don Giovanni Arturo Cirillo e Giacomo Vigentini (2) © Tommaso Le Pera

In scena al Teatro Ivo Chiesa fino a domenica 19 gennaio “Don Giovanni“, da Molière, Da Ponte, Mozart. Adattamento e regia di Arturo Cirillo e interpretato dallo stesso Cirillo, con Irene Ciani, Rosario Giglio, Francesco Petruzzelli, Giulia Trippetta, Giacomo Vigentini.

“Don Juan”, del 1665, opera tarda di Jean Baptiste Poquelin, detto Molière, è tratto da un testo italiano dei comici dell’arte, Il convitato di pietra. Il protagonista è una figura bieca che agisce  per  vincere su ogni divieto e conquistare ad ogni costo. Inganna le donne con promesse di matrimonio, irride chi ha la fede, avvilisce il misero, ruba al creditore, augura la morte al suo stesso padre, deluso dal comportamento di un figlio che nessuno vorrebbe aver messo al mondo. Don Giovanni è capace di fingere  sentimenti che gli sono sconosciuti, in quanto l’ipocrisia, secondo lui, è socialmente utile, serve a non far soffrire: per raggiungere i propri scopi non esita ad uccidere e ad istigare all’omicidio. Un libertino dalla parola fluente e convincente, un ostinato narciso che, incurante dei sentimenti e delle esigenze altrui nonchè dei propri doveri, non vuole cambiare vita.

Eppure in questo testo si intravede una sorta di  riscatto spirituale nel fraseggio tra il libertino e il  pur debole e sottomesso servo Sganarello, che, anche se  in maniera pavida, tenta di riportarlo a comportamenti  di umana lealtà. E lo stesso don Giovanni si piega a qualche moto di generosità, offrendo  monete d’oro al mendicante che ha rifiutato la sua richiesta  di bestemmiare per ottenerle. Un ulteriore tema, caro all’autore, è la descrizione ( o la caricatura?) di  archetipi esasperati della psicologia  maschile e femminile   messi a confronto.

Una parola merita la figura, divenuta poi  celebre e ricorrente, del convitato di pietra. Una antica leggenda europea narra  di un giovane dissoluto che in un sentiero  prende a calci il cranio di un morto e lo invita, deridendolo, a cena. Il morto si presenta davvero al banchetto, ma solo per  ricambiare l’invito al giovane, che deve accettare e alla fine muore.

L’epilogo richiama l’antica leggenda popolare nel motivo dell’invito a cena  da parte del messaggero dell’aldilà, aggiungendo lo scontro fra la  morale (“Pentiti, cangia vita: è l’ultimo momento”) e il rifiuto della stessa con ostinata ribellione.

L’allestimento dell’Ivo Chiesa propone una scena indovinata e semimobile, dove il gioco delle luci contribuisce a creare interni ed esterni. Suggestive le statue marmoree mobili che anticipano l’apparizione  (attesa dallo spettatore…)  del convitato di pietra.

L’azione si basa su un testo duttile, divertente e paradossale, magistralmente interpretato da Arturo Cirillo, vero guitto da commedia dell’arte, supportato da bravissimi giovani attori. Lo stesso regista attore dichiara la sua passione per il personaggio, ispiratogli anche dalle opere di Mozart e Da Ponte.  

Uno spettacolo da vedere, mai pesante, trascinante, della durata di quasi due ore senza intervallo.

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Molière ( 1622- 1673 )  fu uomo di teatro a tutto tondo, autore, attore (nonostante la leggera balbuzie), regista e, con scarso successo, anche impresario;  viene definito il maggior autore comico-satirico di tutti i tempi, anche se alla comicità pervenne dopo qualche insuccesso nella recita delle tragedie.

Mettendo a frutto gli insegnamenti dei comici dell’Arte, egli capì che il segreto di catturare il pubblico consisteva nell’ adattare la lingua del teatro ai luoghi della provincia francese che percorreva con la  troupe, alternando la tragedia alla farsa ed usando in entrambe elementi visivi ad effetto, tipici degli improvvisatori.

Più tardi, raggiunto un certo benessere a causa della protezione della famiglia reale e in particolare del re Luigi XIV, che non gli venne a mancare per tutta la vita, il suo teatro esprimerà  l’intimo più vero dell’autore, dell’uomo che conosce solo le regole del proprio ego e che sfida la società organizzata e le sue costrizioni,  quella morale naturale che è il contrario della morale cristiana ed eroica:  contro natura sono per lui il coraggio, il sacrificio, la rinuncia, la castità, il perdono. Molière è il vessillo di quello che un giorno si chiamerà lo spirito laico. ELISA PRATO