La storia che si ripete
Ci sono imprese sportive che rimangono negli annali e nella memoria degli appassionati. Risultati che vanno oltre la prestazione per il fatto di essere straordinari, viste le condizioni di partenza.
Ma andiamo con ordine. Siamo nell’ambito degli sport motoristici, nello specifico delle due ruote, che si sfidano lungo uno dei tracciati più complessi della storia delle competizioni: l’lsola di Man.
Un lembo di terra tra Inghilterra ed Irlanda che ospita un percorso stradale tra i più noti al mondo. Non quindi un circuito realizzato ad hoc per le gare, ma una corsa lungo strade che normalmente sono aperte al pubblico.
E’ su questa isola che nel 1937 si vede il successo tutto italiano di Omobono Tenni che in sella alla Moto Guzzi arriva per primo sotto la bandiera a scacchi.
Passa il tempo e, il risultato si ripete con Giacomo Agostini che corre in terra inglese e per ben nove volte sale sul gradino più alto del podio.
Eccoci quindi ai giorni nostri, anno 2022, ben cinquant’anni dopo Agostini, un altro italiano sbaraglia la concorrenza e trionfa nello Junior Manx Grand Prix: il suo nome è Francesco Curinga.
C’è una sua immagine che ha fatto il giro del mondo, Francesco che bacia la carena verde della sua Paton S1-R coperta di moscerini dopo lo storico successo.
Il pilota di Badalucco, ci ha concesso un’intervista dove racconta il percorso che lo ha portato all’impresa e le specificità di questo tipo di gare.
“Sono nato nel 1975 e da sempre ho respirato il clima delle competizioni motoristiche: mio padre era meccanico ed appassionato di gare, mio zio era un pilota di rally e io, già a tre anni, guidavo la mia SWM…”.
Pur essendo andato sempre in moto, Francesco si avvicina al mondo agonistico piuttosto tardi, affrontando in solitaria e senza sponsor le prime gare in salita, soprattutto nel ponente ligure, dove coglie i primi successi.
La passione lo porta anche a correre in circuito ma, il suo vero obiettivo sono le Road Races inglesi, gare stradali molto impegnative.
“Di queste corse mi piace il tantissimo impegno che occorre mettere in ogni aspetto della competizione: serve essere pronti fisicamente, avere la moto in ordine ma soprattutto essere preparati a livello psicologico”, ci spiega, “in quanto non siamo in circuito che si percorre più e più volte ma siamo su un tracciato da sessanta chilometri, quindi molto lungo ed impossibile da ricordare perfettamente a memoria.
Oltre a questo la differenza di quota, dal mare di Douglas alla Mountain Road, tratto montuoso appunto nella zona di Brandywell, dove si possono incontrare condizioni atmosferiche anche molto differenti e rapidamente mutevoli.
“Sono riuscito a raggiungere questo traguardo soprattutto grazie a mia moglie, mio manager e mia prima tifosa, che mi ha aiutato tantissimo nell’organizzazione della trasferta inglese, come per tutte le mie gare”, continua, “grazie a lei che ha saputo gestire i moltissimi aspetti della gara, ho raggiunto il mio obiettivo”.
Per accedere al Manx GP occorre possedere un curriculum agonistico di un certo livello ed aver disputato almeno sei gare nell’anno precedente, questa è la condizione necessaria per poter accedere al circuito.
Mentre mi spiega questo aspetto, con assoluta tranquillità, Francesco mi dice una frase che mi colpisce molto: “Tutti noi dobbiamo fare queste sei gare, io, Dunlop e McGuinness per dire…”.
Nella sua nonchalance il pilota ligure cita due mostri sacri di questi gare ed effettivamente lui e i due britannici sono oggi sullo stesso piano… Una volta inviata la richiesta di partecipazione alla competizione, se accettati dalla federazione di riferimento, ecco che si ha la possibilità di provare il tracciato in alcuni momenti specifici.
Guidati dai responsabili si percorre l’intero percorso in modo da cercare di ricordare al meglio le mille curve dei sessanta chilometri che si percorrono per quattro volte.
“Quando si studia la strada si ha una determinata impressione, mentre in gara le cose cambiano completamente. La velocità aumenta a dismisura e, con lei, cambiano i riferimenti che si erano imparati in fase di ricognizione”, illustra Curinga, “infatti correre in circuiti stradali è molto istintivo, occorre soppesare il pericolo che è sempre molto alto ma, nello stesso tempo non farsi bloccare dallo stesso, cercando di mantenerlo entro un limite accettabile.
Questo è quello che i marshall (ovvero i commissari di gara) suggeriscono ai piloti: dicono che dobbiamo andare in moto con il sorriso”. Da appassionati di due ruote immaginiamo la difficoltà di sorridere ad una media di 114,132 mph, ovvero 183,667 kmh… il che non è immediato.
In gara, Francesco è partito con il numero uno, questo ha pesato non poco sulla sua tranquillità, in quanto tutti ricordano tale cifra mentre sono portati a dimenticare tutte le altre.
La pressione si è fatta sentire per i primi due giri, ci ha spiegato il pilota di Badalucco, che non è riuscito a rendere subito al meglio.
Credeva di aver guidato bene ed invece aveva perso ben quindici secondi… Poi però, dopo il pit stop per il rifornimento, ha sentito aumentare la confidenza con la strada e con la moto, la tensione si è allentata e il tempo sul giro si è abbassato notevolmente.
La voglia di fare un altro buon risultato come il secondo posto di categoria ottenuto nel 2019, ha prevalso ed ecco che la bandiera a scacchi è stata sventolata per prima davanti alla sua Paton.
“Ero consapevole di poter fare un buon risultato, ma ero anche conscio di tutti i miei limiti: dal fisico alla messa a punto della moto che, in gare come queste non è mai semplice. Sulle sospensioni occorre infatti trovare un compromesso tra le molteplici caratteristiche del tracciato che sono molto distanti tra loro”, prosegue, “eppure, il connubio pilota e moto hanno portato a questo incredibile risultato”.
La gioia di Francesco Curinga è davvero tanta, così come è stata tanta l’accoglienza che piloti, tifosi ed organizzatori inglesi gli hanno tributato. “Ho trovato una grandissima sportività, sono stato accolto davvero come –uno di loro- dai colleghi inglesi ed anche il pubblico è stato estremamente caldo ed affettuoso nei miei confronti”, racconta, “Si torna ai box dopo la gara tra due ali di folla entusiasta che applaude e batte il cinque, davvero un momento emozionante”.
Rientrato dentro il paddock i marshall lo hanno condotto al podio e gli hanno detto di accomodarsi sullo scalino più alto: qui il pilota ligure si è emozionato e non è riuscito a trattenere le lacrime. Tutto il resto è storia.
Dopo il meritato riposo, Francesco Curinga è pronto ad affrontare nuove sfide, che lo vedranno impegnato nel Trofeo Moto Guzzi Fast Endurance che si correrà a Misano nel mese di ottobre e poi ancora gare stradali e chissà quali altre sfide vedranno il pilota di casa nostra impegnarsi in prima linea. Noi saremo pronti a raccontare ancora le sue belle storie di sport. Good luck mr. Curinga! Roberto Polleri (Foto a cura di Francesco Curinga)