Processo sulle presunte estorsioni al Genoa, all’epoca in cui era presidente Enrico Preziosi, per garantire la “pace del tifo”.
Oggi in Tribunale a Genova i pm hanno chiesto 8 anni di reclusione per il capo ultrà rossoblu Massimo Leopizzi e 7 anni e 10 mesi per Arthur Marashi.
Complessivamente sono stati chiesti oltre 33 anni di reclusione per 14 dei 15 imputati.
Da domani saranno ascoltati in aula i legali difensori.
Secondo la pubblica accusa, la società era stata minacciata per garantire la “pace del tifo” in cambio di denaro, poi gestito attraverso la società Sicurart di cui era amministratore Marashi e presunto socio occulto Leopizzi.
I pm genovesi hanno chiesto inoltre condanne per Fabrizio Fileni (3 anni 7 mesi), Paolo Taccone (2 anni 6 mesi), Davide traverso (1 anno 3 mesi), Piermarco Pellizzari (2 anni 4 mesi), Nicolò Garibotto (2 anni 1 mese), Fabio Donato (1 anno 7 mesi), Matteo Sanna (1 anno 8 mesi), Davide Masala (1 anno 6 mesi), Ivano Mucchi (4 mesi, assolto per l’associazione), Marco Paolucci (4 mesi), Paolo Galatà (4 mesi), Chiara Bruzzone (4 mesi).
Chiesta l’assoluzione per Alessandro Romano.
La pubblica accusa ha ricordato in aula alcuni episodi violenti come l’aggressione al giocatore Cataldi e alla moglie, sulla base delle indagini condotte dalla Squadra Mobile. Tuttavia, per alcuni di questi episodi sono state chieste anche diverse assoluzioni
Secondo i pm, il presunto sodalizio criminale era diretto e organizzato principalmente da Leopizzi, che avrebbe “comminato sanzioni” agli altri se le cose non venivano fatte come diceva lui.
E ha ricordato diversi episodi contestati come le minacce a un altro tifoso che non aveva rispettato le direttive.
L’unico a potere “coadiuvare” Leopizzi sarebbe stato Marashi.
Nei guai è finito pure l’ex amministratore del Genoa Alessandro Zarbano, che secondo la pubblica accusa, oltre a non potere non sapere dei presunti extra costi, avrebbe mentito in aula perché abita a Genova, avrebbe paura ed è in corso il contenzioso con l’attuale proprietà della squadra rossoblù 777.
Zarbano, chiamato come teste a fine gennaio, aveva minimizzato tutti gli episodi di intimidazione e aveva in sostanza dichiarato di non avere mai subìto minacce o pressioni da Leopizzi o da altri.
I pm hanno quindi chiesto la trasmissione degli atti per falsa testimonianza per Zarbano.
Chiesto il rinvio degli atti per falsa testimonianza anche per Roberto Anchini e per Valerio Bencivenni, dipendente di un panificio vicino alla sede della Brigata Speloncia.