I giudici del Tribunale delle misure di prevenzione hanno rigettato la richiesta della Procura di Genova di confiscare i beni al capo ultrà del Genoa Massimo Leopizzi e all’ultrà Artur Marashi.
La circostanza è emersa ieri nel corso del processo a lui e ad altri 15 tifosi accusati di presunte estorsioni alla società calcistica genovese per garantire “la pace del tifo”.
I beni sono ancora sotto sequestro nelle more del procedimento.
Per i giudici gli elementi investigativi portati davanti al Tribunale non consentirebbero di ricostruire in maniera congrua le condotte di estorsione e di trasferimento fraudolento di valori.
Per l’accusa, infatti, Leopizzi con il concorso di Marashi avrebbe fittiziamente intestato ad altri la società ‘Sicurart’ per evitare proprio un procedimento di sequestro nei suoi confronti.
Soprattutto, i soldi presumibilmente estorti al Genoa sarebbero finiti, attraverso false fatture emesse dalla ‘Sicurart’ a un’altra società, la ‘4 AnyJob’.
Intanto, è stato sentito in tribunale l’ex giocatore Omar Milanetto, finito anni fa nella bufera giudiziaria del calcioscommesse e poi assolto, secondo cui: “le contestazioni sono cominciate dopo il derby dell’8 maggio 2011 quando andai sotto la curva e feci il segno di stare zitti.
Per le contestazioni non ho mai avuto timore fisico.
Conoscevo di nome gli ultras più noti della gradinata Nord, ma non ho mai avuto a che fare con loro”.
Tensione con i giudici quando invece è stato sentito il ristoratore Danilo Scala, titolare del ristorante San Giorgio teatro di una “irruzione” degli ultrà contro il giocatore Armando Izzo.
Scala ha minimizzato: “Gli hanno detto solo di giocare meglio, solite cose che dicono i tifosi”.
Il giudice a latere Riccardo Crucioli ha perso la pazienza minacciandolo di trasmettere gli atti in Procura per farlo indagare per falsa testimonianza.